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Amplificatori c.c. 1

Tratto dal sito "Laboratorio di elettronica": Una grande quantità di materiale di alta qualità sull'elettronica, scritto dai professori Trivi e Monteduro dell'I.T.I.S. Fauser di Novara.

Paragrafi di questo articolo:

Generalità
Definiamo correntemente "AMPLIFICATORI PER GRANDEZZE CONTINUE" i dispositivi in grado di rilevare variazioni molto lente di un segnale (tensione o corrente) in ingresso e di tradurle in variazioni proporzionali ai morsetti di uscita.

Le variazioni all'ingresso vanno intese rispetto ad un livello nominale di riferimento e pertanto daranno luogo a variazioni corrispondenti in uscita.

Detto Si il segnale in ingresso ed Su quello in uscita, supponendo che l'amplificatore lavori in zona lineare, la sua funzione di trasferimento nel piano Si vs Su è una retta individuata perfettamente da un suo punto e dalla sua pendenza. Le coordinate scelte per individuare la retta, vengono chiamate "LIVELLO NOMINALE DI INGRESSO Sni" e "LIVELLO NOMINALE DI USCITA Snu". La pendenza An rappresenta l'amplificazione.


Stando così le cose, pensiamo di poter progettare un amplificatore determinando la funzione di trasferimento (FdT) nominale e, quindi, i livelli nominali di riferimento e l'amplificazione. In realtà, in fase di realizzazione, intervengono le tolleranze degli elementi, attivi o passivi, che realizzano il circuito. In altri termini, la FdT reale, si discosterà dalla FdT nominale, ovvero, se ponessimo all'ingresso del nostro dispositivo reale, posto nelle condizioni nominali di temperatura, di tensione d'alimentazione, ecc. un segnale di livello nominale Sni otterremmo in uscita un segnale Sru diverso dal segnale nominale Snu, così come illustrato in figura:

Definiamo "Offset in Uscita" la grandezza:


Rimanendo nelle condizioni nominali di temperatura e di alimentazione, variamo il segnale in ingresso sino ad un valore Sri per il quale l'uscita raggiunge il suo valore nominale Snu. Possiamo così definire la grandezza "Offset in Ingresso" secondo la seguente relazione:


Resta evidente chei due offsets saranno legati dal fatto che


Col variare della temperatura, o della tensione d'alimentazione, o a causa dell'invecchiamento del circuito, varieranno anche gli offsets.

Definiamo "DERIVE" (drifts) le variazioni degli offsets.

Gli offsets e le derive sono indistinguibili dalle variazioni del segnale in ingresso, ma, mentre è semplice, circuitalmente parlando, "recuperare" gli offsets, risulta più difficile annullare, o compensare, gli effetti delle derive. Risulta inoltre evidente che sia gli offsets che le derive, quando siano "mischiati" col segnale d'ingresso, subiranno le stesse manipolazioni seguite da quest'ultimo e quindi, generalmente, verranno anch'essi amplificati.

Sebbene tutti gli elementi circuitali, attivi e passivi, presentino delle derive termiche, ciò che ci dà maggiormente fastidio in un amplificatore sono le derive degli elementi attivi.

Infatti ricordiamo che, per un transistor bipolare, valgono le seguenti relazioni approssimate:


ossia, la VBE, diminuisce di circa 2 mV per ogni aumento, nella temperatura, di un grado centigrado.


ovvero cresce, con la temperatura, dell' 1% al grado centigrado e diminuisce con l'invecchiamento.

Ricordando che ICBO è la corrente inversa collettore-base con l'emettitore aperto, ovvero, corrente inversa di saturazione della giunzione base-collettore, osserviamo che:

in cui T0=30° ÷ 50° per il Silicio

T0=25° ÷ 30° per il Germanio

quindi ICBO raddoppia approssimativamente ogni 10°C; inoltre cresce con l'invecchiamento del componente.

Come è noto, tutte tre queste sorgenti di derive termiche concorrono a far aumentare la corrente IC di collettore al crescere della temperatura, quindi non possiamo sperare che si compensino da sole.

Stadio d'ingresso
Consideriamo in primo luogo gli effetti della VBE. Abbiamo visto che essa varia con la temperatura. Agli effetti della maglia d'ingresso di un qualsiasi transistor, questo può essere visto come la serie di un transistor ideale, senza variazioni della VBE, e di un generatore di tensione di valore

Questo generatore di deriva, si trova connesso direttamente in serie al segnale da amplificare Ve, quindi, per il solo contributo della VBE la deriva d'ingresso è pari a circa -2,5 mV/°C. Le altre fonti di deriva (ICBO e hFE) Peggioreranno solamente la situazione.

Giunti a questo punto, pensiamo di introdurre nella maglia d'ingresso un elemento che abbia le stesse variazioni della giunzione base-emettitore del transistor, connettendolo in modo tale che le due derive si annullino. Utilizziamo un diodo.


è evidente che, per poter funzionare, il diodo deve essere polarizzato, quindi occorre un qualcosa che possa "succhiare" le correnti, sia quella che arriva dall'emettitore del transistor, sia quella che serve a polarizzare il diodo stesso. Questo "qualcosa" è rappresentato dal generatore ideale di corrente I0 posto in parallelo al diodo medesimo.

Se si sostituisce al diodo la giunzione base-emettitore di un transistor, si ottiene il circuito riportato nelle figure seguenti, in cui è facile riconoscere uno stadio differenziale.

Vedremo, in seguito, come l'amplificatore differenziale amplifichi la differenza dei segnali d'ingresso e come, riportando sulla base dei due transistori le rispettive derive, essendo queste identiche, possa compensarle. L'amplificatore differenziale permette così di ottenere derive riferite all'ingresso dell'ordine dei 10 V/°C, ed è quindi un ottimo stadio d'ingresso per un amplificatore per grandezze continue.

L'amplificatore differenziale
Prima di affrontare lo studio dettagliato del circuito dello stadio differenziale, facciamo alcune considerazioni di carattere generale.

Siano V1 e V2 due segnali, possiamo dire facilmente che:

Definendo, ora:

e

possiamo notare che:


Raffigurando queste formule, otterremo:

Chiamiamo Vc = SEGNALE di MODO COMUNE e Vd = SEGNALE di MODO DIFFERENZIALE.

é evidente, che potrò sempre attuare una scomposizione di questo genere, per qualsiasi combinazione dei segnali in ingresso ad un amplificatore differenziale.

Se il nostro circuito è in linearità, è possibile utilizzare il principio di sovrapposizione degli effetti e valutare la risposta complessiva del circuito, per mezzo della somma dei contributi dei due modi di eccitazione.

Definiamo AMPLIFICAZIONE DIFFERENZIALE il termine:


e AMPLIFICAZIONE di MODO COMUNE il termine:


Allora Vu sarà la somma di Vc per l'amplificazione Ac e di Vd per l'amplificazione Ad:


In un amplificatore differenziale ideale, il termine Ac è uguale a 0; ma il fatto che qui ci si occupi di amplificatori reali, giustifica la relazione appena vista in cui, riarrangiando, posso mettere in evidenza Ad vd, ottenendo:


da cui


Si vede chiaramente che, minore è il termine (ovvero maggiore è ) e minore è l'errore dovuto al modo comune.

Il rapporto viene definito Rapporto di Reiezione del Modo Comune ( Common Mode Rejection Ratio ) e può essere considerato una "cifra di merito" dell'amplificatore differenziale. Quindi:


Conoscendo le amplificazioni Ad e AC in decibel, è facile esprimere il CMRR come loro somma algebrica:


Occorre sottolineare che, in quanto è stato illustrato sinora, si presume la linearità del circuito, linearità che, generalmente, è verificata con piccoli segnali in ingresso. Molto spesso, tali segnali provengono da sensori, quindi ci si può trovare nella situazione di dover lavorare con piccoli segnali differenziali, sovrapposti a forti segnali di modo comune. Dobbiamo, allora, essere certi che il modo comune presente non porti fuori linearità l'amplificatore.

Si definisce come "Dinamica d'Ingresso per il Modo Comune" (Common Mode Imput Range = CMRI), il campo di tensione in cui può variare un segnale di modo comune senza che intervengano fenomeni di non linearità, ovvero senza che i transistori si saturino o si interdicano. In modo del tutto simile si può definire la "Dinamica d'Ingresso Differenziale" (Differential Mode Input Range = DMIR).

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