Come potrà controllare chi ne ha la curiosità, è stato aperto nel Forum un topic dal titolo "Paradosso energia". Il quesito è il seguente:
Ho un condensatore C carico alla tensione U=Ei e un altro condensatore C scarico (U=0). L'energia immagazzinata nel condensatore carico vale Wi=½CEi2. Se metto in parallelo i due condensatori l'energia finale sarà Wf = ½Wi. L'energia non si crea né si distrugge. Quindi, dov'è finita l'altra metà dell'energia?
Si tratta di un problema classico in cui si imbattono gli studenti (quelli che studiano). Da qui nasce questo breve articolo.
C'era una volta un paradosso....
Cito dal libro di Piergiorgio Odifreddi "C'era una volta un paradosso"
"C'era una volta un paradosso, ma ora il tempo l'ha risolto" dice Amleto ad Ofelia. Shakespeare sta parlando dell'amore: il quale, naturalmente, è già un bel paradosso di per sé. Ma, come spesso accade, i poeti vedono più lontano di quanto essi stessi immaginino. L'espressione paradoxon significa, infatti, oltre l'opinione comune. E poiché gli individui possono essere anche intelligenti e colti, l'opinione comune è quasi sempre sbagliata. Dunque i paradossi sono quasi sempre pure e semplici verità, e il tempo si diverte a sollevare lembi del grande velo che le nasconde
Forse la sto prendendo un po' troppo alla larga. Ma il titolo del topic mi ha indotto a soffermarmi sui paradossi, che sono sorprendenti ed affascinanti. Sembrano fatti apposta per farci scoprire la realtà perché ci spingono ad una riflessione più approfondita. Come nel caso specifico appunto: non è una sorpresa che alla fine del processo considerato ci sia meno energia accumulata di quanta ce ne fosse all'inizio. E' un'evoluzione libera del sistema e la condizione di equilibrio finale è raggiunta a spese dell'energia complessiva presente. Non c'è nulla di errato in quanto scoperto. Si tratta solo di sollevare il velo che nasconde la spiegazione della verità.
Dov'è finita l'energia mancante?
Se ho due condensatori uguali di capacità C uno carico alla tensione Ei complessivamente, l'altro scarico hanno immagazzinata un'energia
Collegandoli in parallelo (armatura positiva con positiva, negativa con negativa) la tensione finale sui due condensatori varia. La carica sulle armature si conserva, e la tensione comune dei due condensatori, rispetto alla quale essi sono in parallelo vale
L'energia nel parallelo vale
Dov'è finita l'energia elettrostatica mancante? Uno dei pilastri della fisica è la conservazione dell'energia. Possibile che non sia valido in questo caso?
Quando succedono fatti di questo genere conviene pensare di non aver bene schematizzato il fenomeno fisico prima di concludere che una legge fondamentale della fisica sia errata.
L'energia mancante c'è ancora
Si è solo trasformata, come faceva Proteo per sfuggire a chi lo voleva catturare. In calore, come al solito.
Nel ragionamento effettuato abbiamo tenuto conto solamente della situazione iniziale e finale, ma non di come si evolve nel tempo la situazione. Osserviamo che la diminuzione di energia elettrostatica ha luogo sempre se le tensioni iniziali dei due condensatori, anche diversi tra loro, sono diverse, mentre se sono uguali non succede nulla e l'energia finale è identica a quella iniziale.
Già questo dovrebbe insospettirci che la fase di passaggio dallo stato iniziale a quello finale non è da trascurare.
Per effettuare il collegamento siamo costretti ad usare un conduttore che ha una sua resistenza R.
Lo spostamento di carica conseguente al collegamento, che si ha quando le tensioni iniziali dei due condensatori sono diverse, è una corrente che percorre per un certo tempo questa resistenza.
Su questa resistenza va dissipata l'energia mancante che quindi si trasforma in calore.
Controlliamolo matematicamente
La corrente varia con legge esponenziale. Il suo valore iniziale è la differenza tra la tensione iniziale sui condensatori e la resistenza R. La costante di tempo è il prodotto della resistenza per la capacità equivalente che per la corrente che circola nella maglia è la serie dei due condensatori.
Avremo allora per il caso d'esempio con condensatore inizialmente scarico e di capacità uguale a quello carico
L'ultima espressione calcola l'energia dissipata sulla resistenza e, come si vede, è proprio l'energia mancante elettrostatica..
"OK, mi ha convinto. Però tutto fila liscio se la resistenza è diversa da zero. Ma se R=0 sul collegamento non si dissipa nulla!" immagino sia a questo punto l'immediata obiezione. Il desiderio di trovare in fallo le leggi della fisica è forte, ma è una battaglia molto dura da vincere.
Ci si dimentica infatti che R=0, oltre che essere un'ipotesi non realizzabile per ora fisicamente, implica un'altra singolarità, cioè una corrente infinita ed una costante di tempo nulla. Matematicamente abbiamo un prodotto di zero per infinito sotto il segno di integrale che è un'espressione indeterminata.
Ciò che dobbiamo fare è allora un passaggio al limite, cioè calcolare il limite a cui tende l'energia W quando R tende a zero.
Ecco i passaggi matematici
Otteniamo quindi ancora la stessa energia che è sparita. Si è dissipata come energia termica. In un tempo nullo, quindi dando luogo ad una potenza infinita, cosa non realistica. Ma ciò è dovuto ad una schematizzazione troppo grossolana del problema con l'ipotesi di resistenza nulla.
Piccola conclusione
La conclusione può essere la solita. Con la matematica noi costruiamo modelli che approssimano la realtà. Quando un modello che stiamo adoperando ci porta a conclusioni paradossali, la prima cosa da pensare è di aver usato un modello troppo approssimato. Lo si deve affinare. Cosa che si traduce in un aumento della complessità della struttura matematica. Fino a che punto occorra aumentare la complessità, e se esista una effettiva convergenza tra matematica e realtà fisica, tale da rendere indistinguibile il modello dalla realtà fisica, è l'aspetto più appassionante della fisica teorica.