Prima di affrontare i temi tecnici della sicurezza elettrica è opportuno richiamare le norme giuridiche che eleggono la sicurezza contro gli infortuni a diritto di tutti i cittadini e dei lavoratori in particolare.
Fonti legislative
La prima fonte legislativa è la Costituzione, dove si può leggere:
- art.32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…”
- art.35: “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni…”
- art.41: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana….”.
Il codice Civile stabilisce:
- art. 2050: “Chiunque cagiona danni ad altri nello svolgimento di una attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento se non prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno”;
- art.2087: L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro:
Il Codice Penale sancisce:
- Art.437: “ Chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o danneggia, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni; se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione da tre a dieci anni”.
Un precetto innovativo è stato introdotto con l’art. 9 della legge 20-5-1970 n. 300, nota come statuto dei lavoratori : “ I lavoratori, mediante le loro rappresentanze, hanno il diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro integrità fisica”:
Il Dlgs 09/04/2008 n.81, noto come “Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro” riporta le norme generali e particolari di prevenzioni degli infortuni e di igiene del lavoro. Tale testo nel titolo III art. 80 si occupa in modo specifico del rischio elettrico.
Tra le altre disposizioni di legge in materia di sicurezza elettrica sui luoghi di lavoro riveste importanza anche il DPR 22/10/2001 N.462 sulle verifiche degli impianti di terra, dei dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche e degli impianti elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione.
Nel settore elettrico è di fondamentale importanza la legge 1-3-1968 n.186 “Disposizioni concernenti la produzioni di materiali, apparecchiature, macchinari, installazioni e impianti elettrici ed elettronici” che consta dei seguenti due articoli:
- Art.1: “ Tutti i materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici devono essere realizzati e costruiti a regola d’arte”.
- Art. 2: “ I materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici realizzati secondo le norme dei Comitato Elettrotecnico Italiano si considerano costruiti a regola d’arte”.
La regola d’arte non necessariamente si identifica con la norma CEI.
Seguire le norme CEI è condizione sufficiente, ma non necessaria, per costruire un apparecchio o per realizzare un impianto a regola d’arte.
L’intento del legislatore di non rendere obbligatoria la norma tecnica è legato al fatto che una norma imperativa non solo impedisce il peggio, ma ostacola anche il meglio, come ad esempio innovazioni o prodotti più vantaggiosi non ancora normalizzati. Possiamo affermare che le norme CEI costituiscono un preciso riferimento tecnico, ma non esclusivo, stabiliscono un livello di sicurezza ritenuto sufficiente, con il quale occorre confrontarsi quando vengono seguiti sistemi di protezione alternativi o innovativi.
Per quanto concerne la libera circolazione del materiale elettrico nell’ambito dell’Unione Europea, vige la direttiva europea 2006/95/CEE c.d. “direttiva bassa tensione”, tale direttiva non ancora recepita in Italia abroga la precedente direttiva Europea n.72/23/CEE recepita in Italia dalla legge 18-10-1977 n.791 “Attuazione della direttiva del Consiglio delle Comunità Europee (n.73/23CEE) relativa alle garanzie di sicurezza che deve possedere il materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro alcuni limiti di tensione “ integrata dal DLgs 25-11-1996 n.626 sulla marcatura CE del materiale elettrico in bassa tensione.
1.1 Gli enti normatori
Il Comitato elettrotecnico Italiano (CEI) è una associazione senza fine di lucro che ha tra l’altro lo scopo di stabilire i requisiti che devono avere i materiali, le macchine, le apparecchiature e gli impianti elettrici perché essi rispondano alle regole della buona elettrotecnica, e i criteri con i quali detti requisiti debbono essere controllati.
Il CEI è l’organismo italiano di normalizzazione elettrotecnica ed elettronica. Gli scambi commerciali internazionali non consentono ad un paese industrializzato di adottare norme difforme da quelle degli altri paesi. Al fine di raggiungere lo scopo di una normalizzazione per quanto possibile uniforma è stata istituita l’International Electrotechnilcal Commission (IEC), di cui fanno parte tutti i paesi industrializzati.
Secondo quanto recita l’art. 100 del trattato di Roma, costituente la Comunità Economica Europea, i paesi membri si sono impegnati ad eliminare gli ostacoli agli scambi commerciali, è evidente che la diversità delle norme nazionali è un ostacolo pertanto nel caso specifico del settore elettrico è stato istituito il CENELEC (Comitato Europeo per la Normalizzazione Elettrotecnica). Il CENELEC emette documenti di armonizzazione (HD) i cui contenuti tecnici devono essere introdotti nelle norme dei paesi membri, oppure norme europee (EN) che devono essere tradotte e adottate quali norme nazionali.
1.2 Conformità degli impianti
Il DM 22/1/2008 n.37 prevede alcuni obblighi in materia di sicurezza degli impianti. Le imprese installatrici devono avere un responsabile tecnico che possieda i requisiti tecnico-professionali indicati nel decreto stesso. Oltre determinati limiti dimensionali dell’impianto, stabiliti in funzione del tipo di impianto, è d’obbligo il progetto da parte di un professionista abilitato iscritto all’albo.
Il committente deve affidare i lavori alle imprese abilitate, ai sensi dell’art.3 del decreto (tranne per i lavori di manutenzione ordinaria ).
L’impresa installatrice deve rilasciare al termine dei lavori una dichiarazione di conformità dell’impianto alla regola dell’arte secondo il modulo riportato nell’allegato I al DM 37/08.
La dichiarazione di conformità di cui al DM 37/08 è necessaria per:
- acquisire l’agibilità dei locali;
- ottenere una nuova fornitura di energia elettrica.
Purtroppo dall’entrata in vigore del DM 37/08 l’ente erogatore spesso non richiede la dichiarazione di conformità per una nuova fornitura, tale inadempimento oltre a contravvenire un preciso obbligo di legge, favorisce il lavoro nero, con evidenti conseguenze di carattere tributario e soprattutto a danno della sicurezza.
Il DM 37/08, che ha abrogato e sostituito le legge 46/90, tranne gli articoli n.8 “finanziamento dell’attività di normazione tecnica”n.14 “ verifiche” n.16 “Sanzioni”. non ha risolto il problema afferente le verifiche degli impianti nei luoghi dove non sono presenti lavoratori infatti il DPR 18/04/1994 che all’articolo 4 prescrive che i comuni aventi più di diecimila abitanti devono effettuare le verifiche di cui all’art. 14 della legge 46/90 nella misura non inferiore al 10% dei certificati di agibilità o abitabilità rilasciata viene spesso disatteso.
Negli ambienti di lavoro, il DPR 462/01 impone al datore di lavoro di far sottoporre a verifica periodica gli impianti di terra, i dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche e gli impianti elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione. Il datore di lavoro può affidare tali verifiche periodiche all’ASL/ARPA, oppure ad organismi abilitati dal Ministero dello sviluppo economico.
La periodicità delle verifiche è di due anni per gli impianti con pericolo di esplosione e per gli impianti di terra e i dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche installati nei cantieri, locali medici, e luoghi a maggior rischio in caso di incendio ; di cinque anni per gli impianti di terra e i dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche installati negli altri luoghi.