La teleassistenza (inizialmente chiamata telesoccorso perché era focalizzata principalmente alle emergenze) è un servizio che dà l’opportunità a molti anziani di continuare a vivere nella propria casa e/o mantenere un buon livello di indipendenza, oltre a ricevere quando necessario un aiuto appropriato.
La consapevolezza che c'è sempre qualcuno, 24 ore su 24, pronto a intervenire in caso di necessità, contribuisce inoltre ad alleviare lo stato di ansia in cui si trovano alcune di queste persone.
Questa tecnologia permette di portare la protezione a casa dell’anziano, evitando spesso la necessità di portare l’anziano in una struttura protetta.
Indice |
Gli inizi: reti di teleassistenza gestite dal volontariato locale
Utilizzerò come esempio dei primi passi della teleassistenza una realtà nella quale sono stato coinvolto fin da diciottenne.
Dal 1983 al 1996 sono stato coordinatore tecnico e installatore di una rete di teleassistenza sostenuta dal Coordinamento Promozione Solidarietà, associazione di volontariato promotrice di varie iniziative e pluripremiata a livello nazionale e locale anche nella persona del suo storico presidente Sergio Garattoni, geniale innovatore, che ci ha lasciato nel 2006 dopo una vita dedicata al volontariato e alla partecipazione civica attiva, con cui ho avuto la fortuna di collaborare per tanti anni.
Grazie a donazioni volontarie di privati, alla preziosa collaborazione di altre Associazioni di volontariato e a un finanziamento dell’Amministrazione comunale, con un budget di soli 500 € annuali abbiamo potuto fornire il nostro servizio di teleassistenza per oltre vent’anni e in modo totalmente gratuito agli anziani del comune di Bollate (MI) che ne facevano richiesta. Spesso avanzava qualche soldo che utilizzavamo per estendere il parco macchine, giungendo a una trentina di apparecchi riutilizzati successivamente per diversi anziani bollatesi.
Altre reti simili alla nostra con cui abbiamo collaborato erano gestite in Comuni vicini da Associazioni volontarie di pronto soccorso (Fraternite di Misericordia di Milano, Arese e Segrate, S.O.S. di Novate Milanese). In particolare la S.O.S. di Novate, grazie al know-how che le trasferimmo, estese la rete con altri apparecchi dello stesso modello, dando servizio anche a utenti di Novate Milanese, Arese e Milano (Quarto Oggiaro). Anche la Fraternita di Misericordia di Segrate, a cui passammo informazioni, scelse per la sua rete (e continua ad utilizzare) apparecchi dello stesso tipo.
Il potenziale utente, segnalato dai parenti, da associazioni di volontariato o dagli assistenti sociali del Comune riceveva la domanda di collegamento da compilare e firmare e la "Scheda Sanitaria Personale" da far compilare al medico di base, contenente un'anamnesi sanitaria, eventuali farmaci d'urgenza e un insieme di dati anagrafici e personali utili ai soccorritori per attuare rapidamente le azioni opportune. Successivamente il richiedente riceveva la visita di un’assistente sociale e un medico geriatra, entrambi volontari, che ne valutavano l’idoneità al collegamento e completavano la compilazione dei moduli.
Fig. 1 - La Scheda Sanitaria Personale, parte fondamentale della modulistica di gestione del servizio [2]
Qualora fosse stato dato parere positivo si provvedeva a contattare vicini di casa che godevano della fiducia dell'anziano affinchè conservassero copie delle chiavi della porta d'ingresso. Se l'anziano lo desiderava poteva depositare una copia delle chiavi anche presso il Centro di ricezione allarmi. In aggiunta, specialmente se aveva difficoltà di movimento, poteva ottenere l’installazione di un’elettroserratura per aprire la porta d’ingresso sia localmente con apposito radiocomando senza doversi alzare o spostare, sia remotamente dal Centro in caso di emergenza. Se opportuno potevano essere installati dispositivi aggiuntivi come gruppi microfono-altoparlante per l’estensione del viva-voce a stanze lontane, sensori di fughe di gas, monossido di carbonio, fumo o incendio, pulsanti a tirante fissi in aggiunta al telecomando portatile, allarme per inattività ecc.
Si provvedeva al collegamento alla linea telefonica di un’apposita unità base e alla consegna di un radiocomando tascabile.
Una copia della "Scheda Sanitaria Personale" veniva conservata al Centro di ricezione allarmi e una copia a bordo di ogni autoambulanza, insieme a cartine che indicavano, per ogni utente, il tragitto migliore per un soccorso tempestivo (infatti a quel tempo i navigatori satellitari non esistevano ancora). Una copia della scheda veniva anche lasciata nell'abitazione dell'utente, in un’apposita tasca sull’unità base, utile nel caso in cui, per indisponibilità di ambulanze proprie, si fosse richiesto l'intervento del 118.
I volontari del Centro di ricezione curavano l'effettuazione di chiamate periodiche, utili per far prendere confidenza all'utente con il dispositivo di chiamata e per provare il buon funzionamento dell'apparecchio, che comunque era già provvisto di una sua diagnostica. Per molti anziani queste chiamate erano anche un'occasione per fare due chiacchiere e rompere la solitudine in cui a volte si trovavano.
Ogni tre-sei mesi, dipendendo dalla sua situazione, l'anziano riceveva la visita dell'assistente sociale e del medico geriatra volontari, che si informavano sulle sue condizioni socio-sanitarie e valutavano la necessità di un aggiornamento della "Scheda Sanitaria Personale".
Veniva inoltre assicurato un servizio di controllo e manutenzione delle apparecchiature.
In caso di necessità l'anziano azionava il tasto del radiocomando, che portava normalmente in tasca o appeso al collo. L'allarme poteva essere anche generato automaticamente, ad esempio, da sensori di assenza movimenti o sensori di fughe di gas, se installati. Il segnale, ricevuto dall'unità base, provocava l'invio di un messaggio registrato attraverso la rete telefonica fino al Centro di ricezione allarmi, dove era presente personale volontario 24 ore su 24.
I volontari ascoltavano il messaggio e tramite l’identificativo utente (un numero a 4 cifre che includeva una cifra di controllo per rilevare eventuali errori di trascrizione) potevano richiamare la corrispondente scheda sanitaria memorizzata su un personal computer. Per sicurezza e massima flessibilità, una copia della scheda era comunque conservata anche in forma cartacea.
Successivamente attivavano una conversazione in viva-voce con l'utente e verificavano se esisteva un'effettiva necessità di soccorso. In caso affermativo (o in caso di mancata risposta da parte dell'utente) venivano attivate le azioni opportune, tipicamente l'invio dell'autoambulanza.
Se installata, si poteva telecomandare dal Centro l'elettroserratura sulla porta di ingresso. In tutti gli altri casi la porta di casa veniva aperta dai vicini in possesso delle chiavi o dagli stessi soccorritori, se l’utente aveva richiesto il deposito delle chiavi presso il Centro di ricezione allarmi. Nel malaugurato caso di irreperibilità delle chiavi ci si avvaleva dell'aiuto dei Vigili del Fuoco per l'abbattimento della porta di ingresso o l’accesso all'abitazione per altra via, se possibile.
Si provvedeva infine al trasporto del malato al Pronto Soccorso, al quale veniva consegnata copia della "Scheda Sanitaria Personale" per un intervento più rapido e mirato.
Altri servizi offerti dalle stesse associazioni di volontariato, che potevano essere combinati o no con la teleassistenza, comprendevano il trasporto per visite specialistiche o terapie programmate (dialisi, fisioterapia ecc.) e la consegna giornaliera di pasti pronti a domicilio.
I volontari per propria disponibilità personale più d'una volta hanno risolto anche situazioni non previste, come l’acquisto e la consegna di farmaci o beni di prima necessità, di cui qualche anziano poteva restare sprovvisto ad esempio nel mese di Agosto, quando i parenti o vicini che normalmente provvedevano erano in ferie.
La base tecnologica
I primi dieci anni
Agli inizi del nostro servizio, nel 1983 (cioè trent’anni fa) utilizzavamo apparecchi assemblati in robuste scatole metalliche che fissavamo al muro a casa dell’utente. Contenevano un alimentatore da 13,7 V con batteria tampone e un radioricevitore (del tipo per apricancelli) che azionava un combinatore telefonico (del tipo utilizzato per antifurti, e che montava un microprocessore 6510). L’utente veniva dotato di un piccolo radiotrasmettitore che poteva portare in tasca o appeso al collo come un ciondolo.
Il primo modello di apparecchi era in grado di chiamare un solo numero telefonico, memorizzato in modo non volatile mediante saldature su un’apposita scheda a innesto.
In caso di allarme veniva effettuata una chiamata e inviato tramite toni (con un protocollo proprietario) un codice di identificazione a 4 cifre. La chiamata era ricevuta da un apposito decodificatore installato presso il Centro di ricezione allarmi (ubicato a quel tempo presso la Fraternita di Misericordia di Milano, nel quartiere Gratosoglio, che gratuitamente ci forniva il servizio di ricezione, verifica e l’avviso ad autoambulanze nella nostra zona).
Il decodificatore visualizzava il codice trasmesso su un display a LED e lo stampava su un nastro cartaceo insieme a data e ora. Poi inviava un segnale di corretta ricezione all’apparecchio chiamante, che in tal modo terminava la chiamata e non effettuava ulteriori tentativi.
Per parlare con l’utente era necessario richiamarlo telefonicamente.
Era un sistema che oggi potrebbe apparire primitivo, ma fece il suo dovere per i primi dieci anni.
Fig. 3 - Dispositivo per la prova manuale di pile e accumulatori sotto carico, utilizzato per il controllo semestrale degli apparecchi della prima generazione, che non erano dotati di autodiagnostica.
La rete si aggiorna
In seguito, nel 1993 (cioè vent’anni fa), anche a seguito del fallimento della ditta produttrice del primo sistema, decidemmo di aggiornare la rete sostituendo tutti gli apparecchi con altri specificamente progettati per teleassistenza, che si erano resi diponibili nel frattempo.
Dopo aver analizzato (e in qualche caso provato) i prodotti di una ventina di aziende, scegliemmo una ditta inglese che offriva un apparecchio [3] dal prezzo allineato alla media di quel tempo (630.000 lire, corrispondenti a 325 €; oggi invece i prezzi si aggirano sui 150 - 200 €), ma di prestazioni superiori ad altri anche più costosi.
L’apparecchio come d’obbligo era omologato dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni, ed era dotato di radiocomando impermeabile e conforme per l’utilizzo anche da parte di portatori di pacemaker.
I nuovi apparecchi permettevano il collegamento di sensori e attuatori aggiuntivi per una maggior protezione dell’utente e una migliore fruibilità del servizio: ad esempio sensori di fughe di gas ed elettroserrature. Per il comando di queste ultime si poteva riciclare la parte di alimentazione e radio degli apparecchi dismessi della prima generazione.
Il messaggio di allarme poteva essere inviato sotto forma di bitoni DTMF secondo diversi protocolli ma anche in voce, con un messaggio personalizzato registrato su memoria non volatile. Il messaggio vocale consentiva di evitare l’acquisto iniziale di un decodificatore e soprattutto di svincolarsi da protocolli proprietari. Sarebbe stato così più facile in futuro, se necessario, avere una rete mista di apparecchi di costruttori diversi.
Dopo l'invio del messaggio era possibile la conversazione in viva-voce (particolarmente utile per utenti con difficoltà di movimento e in caso di cadute) sulla stessa connessione aperta per l’inoltro dell’allarme, il riascolto del messaggio, l’azionamento dell’elettroserratura (anche in un secondo momento, richiamando l’apparecchio e inserendo un’opportuna password numerica) e la conferma della presa in carico dell’allarme, per evitare successivi tentativi di chiamata. Tutti i comandi viaggiavano sulla linea come bitoni DTMF che si potevano inviare dalla tastiera del telefono ricevente.
Per facilitare la ricezione degli allarmi avevamo sostituito la tastiera di telefoni Sirio con un'altra a quattro tasti. Internamente era presente un piccolo circuito elettronico contenente un CD4066, con l’alimentazione prelevata dalla scheda dello stesso telefono e pertanto insensibile ad eventuali black-out della rete elettrica. Con il circuito aggiunto implementammo un tasto parlo/ascolto dal funzionamento uguale al tasto PTT presente sulla radio utilizzata dai centralinisti per parlare con gli equipaggi delle ambulanze. Così i centralinisti potevano conversare con gli utenti della teleassistenza utilizzando la stessa interfaccia a cui erano già abituati. Il tasto, alla pressione e al rilascio, provocava l'invio in linea di bitoni DTMF della durata di circa 100 ms, che selezionavano la modalità "parlo" o "ascolto" del viva-voce presso l’utente. Questo funzionamento half-duplex con commutazione manuale anziché automatica era utile per evitare problemi in caso di forti rumori ambientali nella casa dell'utente (tipicamente a causa della televisione accesa).
Fig. 5 - Uno dei telefoni modificati per la ricezione degli allarmi di teleassistenza al centralino della S.O.S. di Novate Milanese
Per ricevere gli allarmi della teleassistenza si utilizzava una linea telefonica appositamente dedicata, che non veniva quindi occupata da altre conversazioni. Se, per qualsiasi motivo, la chiamata non andava a buon fine, gli apparecchi d'utente dirottavano la chiamata di soccorso su una seconda linea di riserva ripetendola più volte e alternando le due linee, finché dal Centro l'operatore non inviava lo specifico bitono DTMF di conferma ricezione.
Gli apparecchi d’utente, dotati di autodiagnostica, erano in grado di segnalare l’assenza prolungata di energia elettrica, la scarica imminente dell'accumulatore nella base o delle pile dei trasmettitori. Queste anomalie tecniche venivano comunicate a uno specifico numero non presidiato e registrate su segreteria telefonica, frequentementemente controllata dai volontari installatori per poter poi effettuare i necessari interventi di manutenzione. In questo modo i centralinisti presenti 24 ore su 24 al Centro di ricezione allarmi potevano concentrarsi sui soli interventi di emergenza senza essere distratti da segnalazioni di anomalie tecniche che non potevano gestire.
I vari parametri di funzionamento degli apparecchi erano programmabili sia localmente che da remoto, con un risparmio su tempi e costi di gestione tanto più evidente quanto più la rete si estendeva.
La rete era in continua evoluzione. Avevamo in progetto di automatizzare la ricezione delle anomalie diagnostiche e generare un allarme qualora fosse venuta a mancare la segnalazione periodica di buon funzionamento da parte di un apparecchio (“heartbeat”). Pensavamo anche di automatizzare la gestione degli allarmi di soccorso con un sistema multiprotocollo in grado di accettare apparecchi di diversi produttori. A questo scopo stavamo sviluppando un software su PC da interfacciare a linea telefonica tramite una scheda modem-voice della American Megatrends in grado di riconoscere e generare i bitoni DTMF. Tuttavia l’obiettiva complessità e gli impegni di lavoro anche all’estero dei componenti del gruppo rallentarono l'avanzamento del progetto fino a fermarlo. La gestione della rete restò perciò semi-automatica, come già descritto.
Conclusioni
Il volontariato, come spesso succede, con pochi soldi e tanto lavoro ha aperto la pista e indicato alle istituzioni la via da seguire per fornire un utile servizio di teleassistenza alla popolazione anziana.
Quasi tutte le reti che ho menzionato sono state rimpiazzate da grosse società private, il cui servizio è sovvenzionato nella nostra zona dalla Provincia di Milano, dalla Provincia di Monza e della Brianza o dal Comune di Milano. Le società private offrono la teleassistenza a un prezzo di circa 20 € mensili agli anziani che per livello di reddito non usufruiscono di contributi provinciali o comunali. L’unica rete in zona tuttora gestita dal volontariato di cui ho notizia è quella della Fraternita di Misericordia di Segrate, con una cinquantina di anziani collegati. Cercando su Internet se ne trovano altre, come per esempio quella gestita dal Gruppo Volontariato Asola (MN) che serve 17 Comuni o quella della Croce Blu di Gromo (BG) con ben 500 utenti collegati sull'intero territorio provinciale.
Il servizio delle grandi società private, grazie anche alla maggior disponibilità di capitali da investire, può servire un numero più grande di utenti, ma è meno personalizzato. La presenza capillare dei volontari sul territorio consente di tessere intorno all'anziano una rete di persone che non lo abbandona e su cui può contare. Le visite periodiche del medico e dell'assistente sociale volontari permettevano un migliore controllo delle problematiche di ciascun utente. I servizi accessori che le stesse associazioni di volontariato fornivano, dai trasporti per visite e terapie alla consegna di pasti pronti, oltre alla disponibilità personale di molti volontari, rendevano la teleassistenza utile non solo per il soccorso in caso di emergenza, ma anche il mezzo per richiedere un aiuto o un conforto in situazioni non previste, sapendo di trovare disponibilità dall'altra parte.
Un altro problema delle grandi società private è che, non avendo una presenza capillare sul territorio, non offrono il servizio di custodia delle chiavi nei centri operativi. Si rende così necessaria la reperibilità, in qualunque giorno e ora, di vicini depositari per poter aprire la porta di casa dell’utente quando si verifica un’emergenza.
Da trent'anni a questa parte il servizio offerto, nonostante la rivoluzione tecnologica rappresentata principalmente dalla comunicazione in mobilità, da internet e dagli smartphone, è cambiato pochissimo. Pur essendo oggi disponibili dispositivi più avanzati, la loro diffusione è ancora molto limitata e la gran parte degli utenti è ancora dotata solo di un radiocomando portatile e un apparecchio base con viva-voce collegato alla rete telefonica fissa.
Ci sono evidentemente molti aspetti del servizio attuale migliorabili dal punto di vista sociale, organizzativo e tecnologico.
Per chi fosse interessato a ulteriori dettagli, eventualmente per avviare una nuova rete, invito a scaricare e consultare il manuale di gestione tecnica [1] e gli allegati [2] (soprattutto modulistica) del Servizio Volontario di Telesoccorso. Potete contattarmi direttamente con un messaggio privato, con l’e-mail che si trova nei documenti scaricabili o, meglio ancora, aprendo una discussione sul foro di ⋮ƎlectroYou.it, affinché gli argomenti e le idee discusse diventino patrimonio comune.
Grazie a quanti hanno avuto la costanza di seguirmi fin qui. In prossimi articoli vorrei raccontarvi dell’evoluzione della teleassistenza con ulteriori ambiti di applicazione, nuovi sensori che estendono le funzionalità del servizio, l’utilizzazione di nuove reti di telecomunicazione che permettono la protezione anche fuori dalla residenza e l’auspicabile convergenza di teleassistenza, telemedicina (soprattutto nell'aspetto della monitorizzazione remota del paziente) e domotica. Arrivederci!
Riferimenti
[1] Manuale per la gestione tecnica del Servizio Volontario di Telesoccorso (PDF/A, 275 kB, 23 pagine).
[2] Manuale per la gestione tecnica del Servizio Volontario di Telesoccorso - Allegati (PDF/A, 478 kB, 21 pag.).
[3] Scantronic Homelink Extra - Brochure dell'apparecchio (PDF, 697 kB, 2 pagine).
Allegata per gentile concessione di Cooper Security, proprietaria della marca Scantronic.