Questa è la seconda parte del racconto.
Puoi andare alla prima parte (introduzione) o, se hai poco tempo, cominciare pure da qui.
Indice |
Santiago del Cile, Febbraio 2010
A fine Febbraio torno a Santiago per una decina di giorni, per preparare l'installazione di un secondo pacchetto, non più per i clienti corporate ma per quelli privati.
In aereo sono seduto vicino ad Alicia, una giovane donna che assomiglia a un'amica di mia moglie, e come lei è molto simpatica. È cilena e fa l'enologa. Mi racconta la storia del Carménère, un vino francese il cui vitigno si credette estinto a causa della fillossera, un insetto parassita della vite.
Il vitigno era stato però introdotto da alcuni viticoltori in Cile, confuso per Merlot, e si salvò. Solo dopo 150 anni, nel 1994, fu correttamente identificato e riscoperto. Oggi il Cile è il più grande produttore di Carménère del mondo.
Io le racconto dell'Italia, della Spagna e di quello che vado a fare. «Ah, la Estel...» mi dice, «È una buona compagnia, anch'io ho il telefono con loro, sono contenta»
Mi chiede che cosa conosco del Cile. «Sei stato a Valparaíso? Vai, è molto bello, è unico al mondo.»
Mi riprometto di andarci nel fine settimana.
A Santiago ritrovo i colleghi della Estel: Roberto, il capo progetto, Jorge e Ricardo con cui lavorerò più frequentemente, più tutti gli altri. Lavoriamo insieme fino al fine settimana.
La sera del venerdì vado a comprare le cibarie per il giorno dopo, da dedicare alla visita di Valparaíso, che dista 130 km da Santiago. Preparo i panini, le bibite, lo zaino, punto la sveglia per poter prendere il pullman con comodo e... a nanna.
Sabato 27 - Il terremoto, lo tsunami e il collegamento
Sono le 3.35. Una scossa mi sveglia. È un terremoto. Non è forte, ma per prudenza mi alzo.
Non faccio in tempo a infilare le ciabatte che tutto comincia a muoversi con una forza che non avevo mai visto. Apro la porta, esco sul pianerottolo e cerco l'uscita per le scale. Saltello per non cadere. Ho sempre preso l'ascensore, adesso non trovo il cartello dell'uscita di sicurezza.
Intanto i muri fanno «Croc! Crac!». Emettono forti schiocchi, come di legno secco che viene spezzato. Probabilmente sono le crepe che si stanno aprendo.
Si apre una porta, esce un signore in pigiama, come me, e a piedi nudi. È biondo, sarà statunitense, penso. Mi guarda attonito, forse non sa cosa fare. «I can't find the exit!» (1) gli grido, cercando di sovrastare il rumore. Cerchiamo l'uscita su tutto il pianerottolo, ma le porte che vediamo sono solo quelle delle camere, tutte uguali.
Finalmente, dietro gli ascensori, vedo una porta come quella delle camere, ma senza spioncino e con la barra antipanico. Spingo... ecco le scale!
Scendiamo dal settimo piano più veloci che possiamo, mentre tutto continua a ballare, si continuano a sentire quei forti rumori e un pulviscolo annebbia l'aria. Sbuchiamo in un angolo della hall. Il personale della reception fa grandi gesti indicando di uscire velocemente, però evitando di passare sotto il grande lampadario che oscilla.
Poi la scossa termina. Ci troviamo tutti fuori nella notte tiepida, chi con le ciabatte, chi a piedi nudi, chi in pigiama, chi con addosso solo un accappatoio.
Quanti ospiti c'erano nell'hotel!
Vedo un signore in sedia a rotelle. Devono averlo portato a braccia giù per le scale.
C'è una ragazza col cappello da cuoca. Che cosa ci faceva in cucina a quell'ora? Forse preparava le torte e le brioche per la colazione, perché fossero calde e fragranti. Lavorano di notte, tutte le notti, per quello.
C'è una macchina col lunotto frantumato, evidentemente da un oggetto pesante caduto dall'alto. Meno male che non è finito in testa a qualcuno.
C'è una signora di mezza età che ha una crisi nervosa, comincia a piangere. Ha paura. I vicini la incoraggiano, poi portano fuori una sedia, la fanno sedere e le danno un po' d'acqua.
Un giovane argentino che è sceso dal diciassettesimo piano mi dice che lassù alcuni sono caduti durante la scossa.
Chi è uscito prima che la scossa terminasse racconta che la strada ondeggiava come il mare e gli edifici alti oscillavano paurosamente.
Il personale porta fuori sedie per tutti, disponendole in un arco di varie file, nello spiazzo davanti all'hotel.
Dopo un po' arriva un'altra scossa, più debole e corta della prima. Altre si susseguono ogni 20 minuti circa.
Un piccolo camion rosso di pompieri si ferma in mezzo a un incrocio lì vicino. Verificano la situazione scrutando a destra e a sinistra, poi proseguono. Mi dicono che i pompieri in Cile sono volontari. Resto stupito della rivelazione. Poi ricordo che anche in Spagna restano increduli quando racconto che in Italia la maggior parte delle ambulanze sono gestite da volontari. Oltre all'utilità, questi servizi sono molto educativi per responsabilizzarsi nei confronti della società.
Sono ormai le 7. Qualcuno comincia a entrare. Entro anch'io e salgo in camera. Trovo una lampada caduta, i cassetti aperti e il televisore sul bordo del mobile che si è salvato per un pelo. Un pulviscolo di intonaco ricopre letto, mobili e moquette. Noto che la radiosveglia ha perso l'ora. Indica le 3:10, proprio il tempo che è trascorso dalla scossa. Dev'essere mancata la corrente per poco, mentre scendevamo le scale. Lì l'illuminazione di sicurezza a tubi LED non si è mai spenta. Mi vesto, prendo il telefono e la macchina fotografica e scendo.
Il telefono mobile non si collega più. Vado a fare un giro per il quartiere, è ancora buio. Vedo vetri rotti, perdite d'acqua, fogli e calcinacci caduti, mobiliario urbano spostato. In un distributore di benzina self-service c'è una coda di auto. Fanno rifornimento prima che la benzina finisca. In un Paese tra i più sismici del mondo devono essere abituati a fare queste cose.
Non c'è nessuno in giro a piedi. Faccio un po' di foto, poi torno con gli altri ospiti dell'hotel.
Hanno acceso la televisione nell'atrio del ristorante dell'hotel. Vado a vedere quello che è successo. Il terremoto è stato potente, tra l'ottavo e il nono grado. L'epicentro è nell'oceano Pacifico, davanti alla costa tra le città di Concepción e Constitución. Proprio a Constitución era andato Ricardo, con cui avevo lavorato nei giorni precedenti, per andare a trovare i suoi genitori.
Il Cile è il Paese con la forma più allungata del mondo, stretto com'è tra le Ande e l'Oceano Pacifico. Una interruzione di poche vie di comunicazione può tagliare in due il Paese, ed è quello che sembra essere successo a causa del crollo di vari ponti. A Santiago sono crollati due ponti del raccordo autostradale Vespucci Nord, e anche l'Autostrada del Sole (Autopista del Sol) che unisce Santiago e Valparaíso è interrotta.
Foto: Mauricio Ulloa - CC BY-NC 2.0
I trasporti pubblici di Santiago sono sospesi. Manca l'elettricità in molte zone del Paese, compresi vari quartieri della capitale. Ci sono varie fughe di acqua e gas. Nessuno nell'hotel riesce a telefonare con telefono mobile o fisso, né a collegarsi a internet.
Tra gli ospiti dell'hotel c'è una giovane giornalista statunitense. È molto nervosa, chiede continuamente a me e al giovane argentino del diciassettesimo piano di tradurle in inglese quello che dicono alla televisione, mentre lei prende nota sul suo PC portatile. La aiutiamo di buon grado, ma non riusciamo a soddisfare tutte le sue insistenti richieste di dettagli. A un certo punto deve uscire e ci ordina di restare ad ascoltare la televisione, memorizzare tutto per poi tradurglielo al suo ritorno. Io e l'argentino commentiamo perplessi tra noi le sue maniere brusche, perfino aggressive. Non chiede "per favore", dà ordini. Sarà l'adrenalina o il miraggio di una promozione che le fa dimenticare le buone maniere? Alla fine facciamo quello che ci ha chiesto per aiutarla a riportare la notizia nel suo Paese.
Verso le 9 la conettività internet ritorna a singhiozzo. Porto giù il computer per inviare qualche e-mail ai familiari e ai colleghi in Spagna, e per permettere ad altri ospiti senza computer di fare lo stesso. Purtroppo la connessione è instabile e non riesco a far nulla. Devono star lavorando sulla rete per ristabilire il servizio.
Dalla televisione arrivano le prime immagini di distruzione delle regioni più colpite e le prime notizie di morti. Un'onda di maremoto (tsunami in giapponese) ha colpito zone costiere 40 minuti dopo il terremoto, seguita da varie ondate minori, causando grandi distruzioni.
Foto: Governo del Cile - CC BY 2.0
Arrivano vari pullman con gli ospiti di altri hotel, che sono stati danneggiati e resi inagibili dal terremoto. In questo hotel i danni sono stati minori: alcuni vetri rotti, alcune perdite d'acqua, oltre a varie crepe.
Verso le 13 la connettività internet ritorna stabilmente. Anche la telefonia fissa viene ristabilita, seppure non si riesca quasi a fare chiamate, a causa della congestione, e men che meno le chiamate internazionali. Mi collego a internet, trovo un'e-mail di mia moglie che mi cercava di contattare preoccupata. Le rispondo e invio un'altra e-mail ai miei capi e colleghi per avvisarli che sto bene, che la telefonia mobile compresa quella del cliente non funziona, e informarli brevemente della situazione.
La telefonia mobile non dà segni di ripresa. Sarebbe molto utile in questo momento per segnalare situazioni di emergenza, comunicare con persone altrimenti irraggiungibili, coordinare gli aiuti e risparmiare tempo prezioso.
Mi viene in mente che, adesso che c'è connettività internet, potrei collegarmi ai server del cliente. Ho con me gli indirizzi IP e le credenziali d'accesso. Se riuscissi a collegarmi, potrei avere un'informazione di prima mano su come va il suo traffico e su eventuali problemi, e magari aiutare a risolverli. Salgo in camera e ci provo.
La postazione in camera. L'asciugamano appeso mi serviva per distinguere tra le scosse di assestamento e i movimenti della sedia, poco stabile
I miei tentativi di collegamento diretto non hanno successo. Mi trovo fuori dalla rete aziendale del cliente, e l'indirizzo IP dell'hotel non deve piacere ai suoi server. Non rispondono ai miei ping e tentativi di connessione. È normale.
Ma ricordo che, mentre sviluppavamo la nuova versione di software, avevamo un accesso (in sola lettura) alle macchine in servizio del cliente per effettuare tracciamenti e controllare configurazioni, attraverso un nostro server aziendale autorizzato. Forse quell'accesso è ancora attivo.
Allora cerco di collegarmi attraverso un programma di rete privata virtuale che apre un tunnel dal mio portatile fino alla rete aziendale della Original Systems, in Germania. Nel tunnel, per evitare intrusioni e intercettazioni, l'informazione viaggia crittografata. Ho fortuna, il collegamento viene stabilito: per internet c'è connettività internazionale, a differenza della telefonia, fissa o mobile che sia.
Una volta entrato nella rete aziendale, da quel particolare server il cui indirizzo IP è autorizzato nelle macchine Estel, tramite il protocollo sicuro SSH chiedo di aprire un'altra connessione cifrata verso uno dei server del cliente.
Passano lunghi secondi. I router staranno cercando un percorso in internet per raggiungere il Cile. Probabilmente faticano a trovarlo per le molte interruzioni.
Più il tempo passa, più temo che il server sia irraggiungibile o, peggio, sia giù.
Ma finalmente, nella finestra del terminale appare:
Il server ha risposto! L'ho raggiunto e come minimo è in piedi.
Inserisco username e password, ed entro.
Il server adesso è diventato reattivo, risponde velocemente. Non mi aspettavo così poca latenza visto che ogni pacchetto passa due volte sotto l'Atlantico per arrivare a destinazione. Potenza dei protocolli, dei router e dei cavi sottomarini pieni di fibre ottiche. Un viaggio così lungo per arrivare a pochi chilometri di distanza da dove mi trovo sembra un controsenso, ma non ho alternative.
Traccio l'output di un processo in tempo reale e vedo che c'è parecchio traffico. Vado a vedere i logfiles per cercare quando è stata l'ultima ripartenza del sistema. La trovo, risale a varie settimane prima. Quindi né il software né il server sono caduti durante il terremoto. Se è mancata la corrente, gli UPS hanno fatto il loro dovere. Tutto questo mi lascia molto più tranquillo.
Vado a cercare nei logfiles se viene riportato qualche messaggio di errore ed in effetti ne trovo di due tipi. Riguardano una parte del sistema che non conosco. Però le chiamate vanno, tracciando vedo che molta gente sta telefonando.
E allora perchè nessuno nell'hotel ci riesce? Potrebbe essere un guasto locale, oppure potrebbe essere tanto alta la richiesta che la rete riesce a soddisfarne solo una parte.
Propendo per la seconda ipotesi, la congestione. Devono esserci delle risorse che scarseggiano, dei colli di bottiglia, probabilmente nella capacità di trasmissione. Non vorrei però che ci sia un collo di bottiglia anche nel nostro sistema. Il cliente vuole appunto cambiarlo a breve con un'altra versione più potente e veloce. Sono venuto proprio per preparare questo cambio. Vorrei tanto sapere se quei due messaggi d'errore che appaiono di quando in quando sono importanti.
Guardo la posta elettronica. La responsabile della filiale brasiliana, che non ha ricevuto la mia prima mail, mi scrive preoccupata chiedendomi se sto bene e com'è la situazione. I manager scambiano mail dicendo che, se è necessario, si potrebbe riunire un team, una task force per aiutare il cliente a ristabilire il servizio. Purtroppo non c'è un piano di attuazione prestabilito per casi come questo, e la conseguenza è una estremamente inopportuna perdita di tempo. Oggi è anche sabato, la gente non è al lavoro e questo rallenta ulteriormente l'attuazione.
Comunico (a tutte le liste in CC delle e-mail che si stanno scambiando, perché non ho tempo di selezionare i destinatari) che sono riuscito a collegarmi ai server del cliente e spedisco un file con un riassunto dell'informazione che ho estratto dalla macchina che dà errori, perché qualcuno che conosce quella parte la guardi e valuti il da farsi.
In questo momento sarebbe molto utile disporre di un foro nella intranet aziendale, con una sezione apposita per gli interventi di emergenza conosciuta e accessibile alla totalità dei dipendenti, in cui inserire tutte le informazioni rilevanti: dalla situazione sul campo ai tracciamenti e allo stato degli interventi correttivi. In questo modo si riuscirebbe ad avanzare con un po' più di ordine. Purtroppo non c'è nulla di tutto questo, e tutto procede a rilento via e-mail, con liste CC parziali che si sovrappongono e allungano sempre più, con mail-fiume re-inviate che circolano da tutti verso tutti, talvolta con informazioni ridondanti o che a molti non interessano e fanno solo perdere tempo. Al mio ritorno preparerò un documento in cui farò notare ai miei responsabili questi problemi e consiglierò alcuni interventi correttivi.
Adesso vorrei contattare qualcuno della Estel, ma non conosco nessuno dell'esercizio e manutenzione, non ho le loro e-mail né i telefoni, e comunque il telefono non funziona.
Mi rendo conto, toccandolo con mano, che l'impossibilità di comunicare è uno dei problemi più grandi per l'intervento in situazioni catastrofiche.
Chissà, se ci fosse qualcun altro collegato a questa macchina... C'è un comando Unix che me lo può dire: who.
origs sono io, ma c'è anche ancot, collegato dalle 10:30. Non so chi è. Potrei fargli apparire un messaggio sullo schermo, redirezionando l'output del comando echo sul suo terminale.
Con questo sistema, quando ancora studiavo, al Centro di Calcolo del Politecnico di Milano qualche studente smanettone si divertiva a spaventare i novellini come me, facendo apparire sui loro terminali improbabili messaggi d'errore, osservazioni del computer sulla scarsa qualità del loro codice, allarmi sul cattivo uso che un utente inesperto stava facendo delle sue risorse, e infine l'identificazione dell'offender e l'ordine perentorio della macchina a scollegarsi da lei. Solo alla fine, quando pallido e spaventato abbandonavi il terminale, ti dicevano che era uno scherzo. Che sollievo e che risate! Ecco perché me lo ricordo così bene.
Ma c'è anche il buon vecchio comando write. È fatto apposta per inviare messaggi tra terminali, e include l'identità del mittente. write si usa poco, con tutte le possibilità più comode che abbiamo ora: e-mail, chat, SMS, telefono... Ma adesso che non posso usare nient'altro, ne apprezzo nuovamente l'utilità.
Mando un messaggio, che in italiano sarebbe più o meno:
Salve, sono Guido Bxxxx di Original Systems España
Non si riesce a chiamare la Estel
Se serve aiuto per questa macchina dimmelo
I miei responsabili pensano di riunire una task force se è
necessario
Puoi inviarmi un messaggio per e-mail a guidobxxxx@xxxxxx
o via Skype a guidobxxxx
^D
Torno a guardare la mail. C'è stato un fitto scambio tra i miei responsabili, il capo progetto della nostra ditta e il capo dell'assistenza tecnica, tra Germania, Brasile e Spagna. Ma non riescono ancora a contattare il cliente.
Il procedimento corretto è ricevere dal cliente l'autorizzazione per operare sulle sue macchine in servizio. Evidentemente non ci sono eccezioni pre-autorizzate neanche in caso di catastrofe e impossibilità di comunicazione. Io invece, senza ordini, sto facendo di testa mia, sto saltando il procedimento e anche il mio ruolo, visto che non sono addetto all'assistenza tecnica. Però la situazione che ho davanti mi consiglia in coscienza di agire ugualmente. Dopotutto con un accesso in sola lettura posso vedere quel che succede, ma non effettuare modifiche. Mi spiace di saltare le regole, di suscitare forse qualche disappunto. Tuttavia nessuno, neanche dopo, me lo rinfaccerà. Anzi, qualche mese dopo, al termine del progetto, nella mail di consuntivo e ringraziamento di tutti i partecipanti, il capo progetto mi ringrazierà pubblicamente per questo.
Pochi minuti dopo mi arriva la risposta di ancot:
Ciao Guido
sono Angel Contreras di Estel.
Abbiamo grossi problemi di
connettività nelle regioni più colpite del Paese.
Stiamo cercando di rimettere in piedi la nostra rete.
Stiamo lavorando in molti da casa.
Per il momento su questa macchina ci preoccupano questi
due allarmi:
xxxxxx xxxxx xxxx xx xxxx xx
xxxxxxxx xxxxx xxxxxxx x xxxxxxxxx
Se puoi aiutarci te ne sarei grato.
Che emozione aver finalmente stabilito un contatto, e sapere che possiamo aiutarli! Fosse anche solo per scaricarli da un'incombenza e permettergli di dedicarsi ad altri problemi.
Traduco all'inglese la risposta di Angel e la passo ai miei responsabili e colleghi.
Il capo dell'assistenza tecnica da Rio de Janeiro finalmente riesce a parlare con il cliente, si collega alle macchine e verifica la situazione. Altri colleghi dell'assistenza tecnica vengono coinvolti. A questo punto i server con il nostro software sono nelle mani giuste. Più tardi quei due problemi, causati dall'elevatissimo traffico di quel giorno, vengono risolti.
Ormai è tarda sera. Provo per l'ennesima volta a telefonare con la rete della Estel. Solo la chiamata a Roberto, il capo progetto del cliente, funziona. Per la prima volta dopo il terremoto riesco a chiamare. Roberto è contento di sentirmi, anche lui aveva cercato di chiamarmi. Mi racconta che sta bene, come anche la sua famiglia. Nel suo quartiere manca l'elettricità fin dalla notte del terremoto. Non ha più saputo nulla di Ricardo, che era andato a Constitución a trovare i suoi genitori. Speriamo che non gli sia successo nulla, ma siamo preoccupati perché quella città è la più colpita dallo tsunami.
Guardo di nuovo la televisione, che mi aveva tenuto compagnia (si fa per dire) in quella lunga giornata.
Si vede male. Il terremoto ha perfino piegato i binari delle ferrovie, e probabilmente anche la parabolica dell'hotel non è più ben puntata sul satellite. Penso che disallineamenti delle antenne abbiano potuto interrompere anche la connessione di vari ponti radio, e i collegamenti via cavo potrebbero aver subito strappi.
Durante il giorno volevo mantenermi aggiornato su quello che succedeva, ma ben presto il fuoco dell'attenzione veniva catturato dai saccheggi, iniziati fin dal primo mattino. Le notizie che ascoltavo mi rendevano nervoso e mi impedivano di concentrarmi sul lavoro, così, disgustato, avevo spento.
Nelle regioni del Maule e Bío Bío, le più colpite dal terremoto e dallo tsunami, il governo ha concluso un accordo con grandi catene di supermercati per la distribuzione gratuita di alimenti, acqua e beni di prima necessità. Non è chiaro se verranno preparati pacchi famigliari, se il ritiro funzionerà a self-service o si provvederà anche alla consegna. La televisione dice che nelle prime ore la gente si rifornisce in modo ordinato, scegliendo e prendendo dagli scaffali i beni di cui necessita. Comunque, almeno una parte dei supermercati hanno avuto gli accessi forzati.
Senza personale né controllo, la situazione degenera. Molti prodotti finiscono a terra e vengono calpestati e ridotti in poltiglia da chi si preoccupa di svuotare il supermercato dai prodotti più cari anziché rifornirsi in modo ragionevole di beni di prima necessità.
Foto 1: Héctor Martínez - CC BY-NC-SA 2.0 | Foto 2: Héctor Martínez - CC BY-NC-SA 2.0
Vari individui, anche organizzati in gruppi e/o dotati di camion e furgoni, forzano le porte dei magazzini e asportano elettrodomestici, televisori dal grande schermo e altri beni durevoli o voluttuari. Altri negozi, stazioni di servizio, bancomat vengono anch'essi presi di mira e saccheggiati.
Foto 1: Alex Lagos - CC BY-NC-SA 2.0 | Foto 2: Héctor Martínez - CC BY-NC-SA 2.0
Altri individui si dedicano a svaligiare ciò che resta dalle case abbandonate.
Gruppi di cittadini si armano, erigono barricate e organizzano ronde per difendere le loro proprietà.
Foto 1: Pedro Pablo Pinacho Davidson - CC BY-NC-SA 2.0 | Foto 2: Héctor Martínez - CC BY-NC-SA 2.0
Di fronte a tanto caos le autorità locali chiedono al governo di inviare l'esercito.
Davvero non mi aspettavo che esistesse gente che, dopo aver avuto la fortuna di salvare la vita, invece di aiutare gli altri, o almeno non nuocere, pensi a rubare, senza curarsi di distruggere beni che potrebbero essere vitali per altri.
Sono stato chiuso in camera per 12 ore. Ho mangiato e bevuto quello che avevo preparato per l'escursione a Valparaíso. Ormai è tardi, è passata l'una di notte, sono 22 ore che non dormo, sono molto stanco e vado a letto.
Continua
Vai alla terza parte.
Licenze
Se non diversamente specificato, rilascio i testi, gli schemi e le immagini con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Unported.
Le immagini di cui è indicata la fonte non sono mie, e sono rilasciate con la loro licenza originale.
L'attribuzione va effettuata inserendo un link a questo articolo su ⋮ƎlectroYou.
Se il supporto non permette un accesso diretto come hyperlink, l'URL va scritto per esteso.