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Lettera Aperta agli Ordini di Categoria

Leggendo topic come questo Lista offerte di lavoro o impiego e come questo Ho coronato il sogno di ogni mio coetaneo mi è tornata alla memoria una vecchia lettera che avevo scritto, anni fa (nel lontano 2006, quando ancora ero un giovane di belle speranze ) al Giornale degli Ingegneri.
Oggi l'ho ritrovata e riletta. Mi veniva da sorridere, amaramente, mentre leggevo parole che per certi aspetti avrei potuto scrivere oggi come (o più) di ieri; parole e contestualizzazioni ancora valide, sebbene scritte in un periodo economico ancora d'oro (visto con gli occhi di oggi), e in cui la crisi la si poteva solo intravedere, in piccoli segnali, e in determinati settori.

Ve lo riscrivo qui integralmente, perché mi piacerebbe raccogliere vostre opinioni in merito.

Io ormai ho abbandonato le velleità di allora, lavoro nel mio settore energetico sporco, nel ramo Automazioni e Strumentazione senza ovviamente aver mai scritto una riga di codice per PLC, né cablato un quadro di automazione, né installato né calibrato uno strumento. Credo di saper fare bene quello che mi si chiede di fare, e spero di continuare a farlo. Dimenticando ogni giorno di più come si comporti un BJT in saturazione, come si risolva un circuito con la sovrapposizione degli effetti, come si risolva un equazione del terzo grado, e via dicendo.

Però continuo a leggervi, per non smettere di ricordare che esistono i BJT, i circuiti, e le equazioni.

Lettera Aperta

Vorrei evitare di banalizzare tutto alla ricerca, utopica, di identificare un colpevole per quello che purtroppo è la piaga più grave di chi nonostante una laurea ritenuta ancora da molti (ma sarà poi così vero?) appetibile e prestigiosa in Ingegneria (elettronica, la mia), con voti più che brillanti, con un curriculum di studi encomiabile è ancora alle prese con la dura lotta occupazionale.
Vorrei da subito chiarire che in realtà io devo ritenermi una pecora nera della classe, poiché in realtà sono stato così “fortunato” da trovare lavoro, ben due anni fa (2004, ndr), ad un anno dalla laurea, presso il più grande colosso aziendale italiano.
So bene che molti di voi adesso si staranno chiedendo come faccio ad arrogarmi il diritto di dibattere sulle difficoltà occupazionali dei giovani laureati. Ebbene, purtroppo non sempre la stabilità di un posto di lavoro si traduce in soddisfazione professionale. Proprio per questo motivo anch’io, come tanti altri, sono ancora alla ricerca disperata di qualcosa che mi dia la possibilità di sentirmi un vero ingegnere elettronico, di esprimere tutta la mia voglia professionale in un ambito di mia scelta, dettata anche dalla passione oltre che dalla necessità di avere una busta paga regolare e stabile, di cimentarmi con qualcosa che sia una vera sfida, anche a rischio della propria stabilità occupazionale.
Ed è qui che mi scontro con le stesse difficoltà di tanti altri colleghi, meno “fortunati” di me. Mi scontro con una economia stagnante, una crescita tecnologica pressoché nulla, un sistema industriale in netta crisi. Ormai è un fatto risaputo che non esistono più aziende che facciano ricerca e/o sviluppo tecnologico; le poche che ancora producono, lo fanno sempre rimanendo sul filo di un rasoio ben affilato, che a volte miete vittime occupazionali. Quelle ancor più rare che sporadicamente riescono ad assumere, sono costrette, o le leggi lo rendono più conveniente, ad assumere con contratti oserei dire dileggianti una categoria di persone che ha già sacrificato tanto per raggiungere una meta ormai inutile, la laurea.
Contratti interinali, che troppo spesso vengono rinnovati o non confermati, specie (e anche questa non è una novità) al Sud.
Contratti di stage con “possibilità di assunzione”, come se chi un lavoro già ce l’ha potrebbe dormire sonni tranquilli con la sola promessa della “possibilità di assunzione” come alternativa.

Dicevo che non vorrei banalizzare il tutto con la ricerca del colpevole. Eppure non se ne può fare a meno. Come fare a non sottolineare che l’università italiana non è più (ma lo è mai stata, in fondo?) il trampolino di lancio verso il mondo di lavoro. Molte non sono attrezzate neanche con semplici laboratori in cui rendere concreti gli studi troppo teorici.

E cosa dire di quelle leggi di cui parlavo prima riguardanti l’assunzione?
E quelle che permettono ad aziende anche storiche, a volte, di chiudere i battenti e fuggire in paradisi lavorativi (leggi “i Paese dell’Est”) dove con poche uscite riescono a moltiplicare le entrate, noncuranti dello sfruttamento della situazione delle povere popolazioni ospitanti, e della situazione di disoccupazione e crescita nulla del “Belpaese”.

Insomma, è ora di fare qualcosa. O di sedersi ad attendere la disfatta totale del nostro sistema economico.

Però, poiché in fondo sono un ottimista (poco convinto), voglio credere che a rischiare forse ne può venire qualcosa di buono. Ci vogliono però le possibilità. Quantomeno offerte dignitose.
È qui che vorrei lanciare la mia proposta.
I professionisti del settore sono rappresentati (per chi lo vuole) da un organismo a mio avviso fondamentale, l’Ordine degli ingegneri. Tra le tante funzioni, forse la più importante, soprattutto in questo momento, sarebbe quella di ponte tra la domanda di occupazione e l’offerta. Ma non basta pubblicare sui vari siti qualche annuncio occasionale. Ci vorrebbe un organismo di controllo dell’occupazione, un monitoraggio delle offerte e delle carriere. Penso che ci vorrebbe più presenza da parte dell’Ordine degli ingegneri come organismo più di supporto che di formazione/informazione.

Sperando in un rapido cambiamento di rotta, auguro a tutti i miei colleghi di raccogliere al più presto i frutti di una sofferta semina professionale.

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Commenti e note

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@UtenteCancellato, purtroppo non è così semplice per tutti, si ovvio che tutti possiamo metterci in proprio domattina, ma se vieni da una situazione economica disastrata e vivi in un contesto sociale privo di opportunità con che mangi? devi avere un minimo di sicurezze alle spalle e sostenibilità a lungo-medio termine, altrimenti sei finito. Quando mi licenziai per mettermi in proprio ero ancora in Sicilia e volevo fare quello che mi piaceva così mi lanciai con P IVA. Dopo un anno di sacrifici: ad un cliente gli commissionarono per mafia l'azienda senza che potesse più pagarmi, un altro fallì, altri clienti li persi per strada perché preferirono affidarsi allo "'ngegnere più anziano che ha più esperienza e ne capisce" (colleghi incompetenti 50enni che poi per le commesse venivano da me a rigirarmele sotto costo).. che è una tipica mentalità bigotta del Sud. Alla fine me ne andai in Toscana assunto da una piccola azienda, sul conto mi rimanevano 2000 euro che pagate tre mensilità di caparra da 400 euro + un mese anticipato mi lasciavano la bellezza di 400 euro per mangiare e pagar bollette fino all'arrivo del primo stipendio (ma avrebbero pagato?), anche con il ruolo di dipendente si rischia.. Avrei potuto mettermi in proprio anche li e rischiare ulteriormente? per metterti in proprio serve una rete contatti fiduciari altrimenti il lavoro non te lo da nessuno, non tutti possiamo contare su queste reti. Infine in 10 anni di aver cambiato 4 città e 8 case (quest'ultimo aspetto è più un mio problema psicologico credo, ho la fissa dei traslochi..) e fatto decine e decine di colloqui ho la convinzione che il grande problema del mondo lavorativo ingegneristico sia di mentalità: il datore di lavoro spesso chiede l'esperto in un software o una sola specifica competenza con anche 5-10 anni di esperienza.. un Ingegnere ad imparare un software o aggiornarsi in un ambito ci sta ben pochi mesi (ricordiamoci che le materie si preparavano in contemporanea e in pochi mesi) eppure questa flessibilità nel supportare l'aggiornamento/adattamento del professionista nelle aziende manca totalmente. Si vuole tutto e subito e in maniera così specifica che alcune volte ti sembra di aver preso la laurea solo per usare STEP7, AUTOCAD, SPAC, o LABVIEW.. direi che qualcosa non va.

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@UtenteCancellato, purtroppo non è così semplice per tutti, si ovvio che tutti possiamo metterci in proprio domattina, ma se vieni da una situazione economica disastrata e vivi in un contesto sociale privo di opportunità con che mangi? devi avere un minimo di sicurezze alle spalle e sostenibilità a lungo-medio termine, altrimenti sei finito. Quando mi licenziai per mettermi in proprio ero ancora in Sicilia e volevo fare quello che mi piaceva così mi lanciai con P IVA. Dopo un anno di sacrifici: ad un cliente gli commissionarono per mafia l'azienda senza che potesse più pagarmi, un altro fallì, altri clienti li persi per strada perché preferirono affidarsi allo "'ngegnere più anziano che ha più esperienza e ne capisce" (colleghi incompetenti 50enni che poi per le commesse venivano da me a rigirarmele sotto costo).. che è una tipica mentalità bigotta del Sud. Alla fine me ne andai in Toscana assunto da una piccola azienda, sul conto mi rimanevano 2000 euro che pagate tre mensilità di caparra da 400 euro + un mese anticipato mi lasciavano la bellezza di 400 euro per mangiare e pagar bollette fino all'arrivo del primo stipendio (ma avrebbero pagato?), anche con il ruolo di dipendente si rischia.. Avrei potuto mettermi in proprio anche li e rischiare ulteriormente? per metterti in proprio serve una rete contatti fiduciari altrimenti il lavoro non te lo da nessuno, non tutti possiamo contare su queste reti. Infine in 10 anni di aver cambiato 4 città e 8 case (quest'ultimo aspetto è più un mio problema psicologico credo, ho la fissa dei traslochi..) e fatto decine e decine di colloqui ho la convinzione che il grande problema del mondo lavorativo ingegneristico sia di mentalità: il datore di lavoro spesso chiede l'esperto in un software o una sola specifica competenza con anche 5-10 anni di esperienza.. un Ingegnere ad imparare un software o aggiornarsi in un ambito ci sta ben pochi mesi (ricordiamoci che le materie si preparavano in contemporanea e in pochi mesi) eppure questa flessibilità nel supportare l'aggiornamento/adattamento del professionista nelle aziende manca totalmente. Si vuole tutto e subito e in maniera così specifica che alcune volte ti sembra di aver preso la laurea solo per usare STEP7, AUTOCAD, SPAC, o LABVIEW.. direi che qualcosa non va.

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@Piero: la risposta alla tua domanda è (a mio avviso) molto più semplice di come sembra dalle tue parole. Quando esci da una università in cui hai studiato 5-6 anni sui libri, imparando solo formuloni, teoremi e teorie, difficilmente ti puoi mettere in proprio e sperare di essere in grado di entrare nel mondo reale del lavoro. @Argonauta: a suo tempo, cioè un anno dopo la stesura di quella lettera, ho fatto una scelta diversa, abbandonando l'ordine perchè a mio avviso non dava nessun valore aggiunto in relazione alle mie esigenze e al mio status di dipendente. ma condivido con te la tua esortazione a partecipare alla vita associativa; è quello che ho fatto, qualche anno dopo (e attualmente), entrando a far parte del consiglio direttivo dell' associazione di categoria per il settore di impiego.

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Gentile Fantom2002, apprezzo la lettera, inviata in tempi ancora non sospetti. Pur condividendo l'esortazione, posso solo dirti che l'Ordine è costituito dagli iscritti: se gli iscritti non si muovono, le cose non cambiano. L'esortazione è alla partecipazione alla "vita associativa" invece che solo alla "quota associativa": magari non serve a nulla partecipare a commissioni, assemblee, votazioni, ecc., ma almeno si cerca di cambiare le cose.

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Condivido l'amarezza ma non le conclusioni. Il problema è uno solo e si chiama: stato itaGliano. Non il governo, quello cambia con il voto, a volte, dal 2011 lo cambia il rappresentante dello stato medesimo, per carità tutto lecito e legale... lo stato itaGliano, inteso come il sistema statalburocratico è in declino da più di una trentina d'anni, Idro Montanelli aveva scritto che il declino dell'itaGlia è iniziato con l'entrata in vigore della costituzione nel 1948. Dopo tangentopoli è degenerato ulteriormente. Se prima era la politica che comandava (perché competente) ed il burocrate di stato eseguiva, da quel periodo in poi, con l'avvento dei nuovi soggetti politici "onesti" ma poco competenti, il burocrate ha preso sempre di più potere, tanto che adesso è il burocrate che comanda il politico e non viceversa. Il governo, il parlamento, possono fare tutte le belle leggi di principio che vogliono ma poi quando è ora di fare i regolamenti attuativi, che vengono redatti dagli alti papaveri dei ministeri, questi burocrati profondi conoscitori della macchina burocratica, sanno perfettamente dove mettere il granellino di sabbia per grippare il motore se danneggia i propri interessi e quindi fa bocciare l'intero provvedimento dalla corte di conti, piuttosto che dalla corte costituzionale e chi più ne ha ne metta. Nel frattempo il governo è cambiato e l'iter riprenderà da capo... L'itaGlia ha bisogno di un cambio di rotta radicale, eliminando il peccato originale di stato socialista assistenzialista e diventando uno stato moderno e liberale. Ma questo non succederà mai perché chi dovrebbe farlo non pilota la nave e chi pilota la nave vuole mantenere la rotta che gli permette di mantenere i privilegi, fino a quando si andrà a sbattere sugli scogli e allora non ci sarà più trippa per gatti, privilegi, vitalizi, pensioni d'oro, posti pubblici, ma oramai chi produceva reddito e benessere se ne sarà già andato altrove.

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Sono molte le riflessioni che si potrebbero fare. Quale lo scopo dell'Ordine, quale quello dell'università e della scuola in genere; cosa succede negli altri paesi; cosa aspettarsi da un lavoro; cosa aspettarsi dal mercato e cosa e chi debba influire su di esso. Ognuno si costruisce delle risposte sulla base delle proprie esperienze non necessariamente ed esclusivamente lavorative. Il lavoro è uno strumento od un fine? Per essere chi? Certo è che riempie gran parte della vita di ciascuno.

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