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Amore a prima vista
Certe passioni si sa, nascono da bambini, solo che a quell' età vengono semplicemente chiamate curiosità. Già da piccoli può capitare di scoprire un mondo affascinante che magari per i più fortunati si tramuterà anche nel proprio lavoro (pane quotidiano).
Per dire il vero, non so se questi siano i casi più fortunati, comunque sia, una passione o un interesse particolare rimane sempre tale tanto più se si è distanti da esso.
La mia passione per tutto ciò che contenesse fili elettrici, pulsanti e interruttori nacque presto, intorno ai quattro anni; Accanto alle radioline da smontare e rimontare però, ogni volta che ve ne fosse l' occasione, guardavo con un certo timore reverenziale quelle enormi locomotive elettriche in partenza dalla stazione centrale della mia città, oppure di passaggio in corsa in una stazione di paese.
Il risultato era sempre lo stesso, una specie di "estasi".
Determinate cose o affascinano oppure non le si vede neanche ed io ero affascinato da tutto quello che rispondesse alla voce "materiale rotabile" nonché al contesto esterno, binari, tralicci e catenarie, segnalazioni, compresi i rumori e gli odori annessi a questo curioso mondo dei trasporti "elettrotecnici"
La mia, com'è chiaro, non è proprio una passione per il mondo delle ferrovie, infatti si può dire che non ho mai dedicato molte ricerche sugli inizi di questo tipo di trasporto (con le macchine a vapore), né tanto meno alle tecnologie termodinamiche e le relative motrici a gasolio.
La mia passione nasceva dall' elettricità applicata a quegli enormi bestioni corredati di una dozzina di motori di trazione; dalla maestosa potenza che questi fossero in grado di generare nel trasportare in lungo e in largo, in salita o in discesa su tutto lo stivale ogni genere di vagone, che fosse riservato a passeggeri o a merci.
Già il rumore in fase di partenza delle vecchie locomotive con avviamento reostatico mi faceva venire i brividi.
Era la metà degli anni '80 più o meno, quindi mi riferisco a macchine non proprio "primitive" ma neanche troppo moderne, dalle più piccole e meno potenti ALe 540/660 alle ben più "fragorose" E.428, E.636 , E.444 , E.646, E.656 e compagnia bella.
Gran parte di questa passione, la porto ancora oggi con me, tuttavia essa è limitata in maniera molto netta solo ad una certa parte del mondo ferroviario; quella parte che va pian piano scomparendo.
E se prima dicevo di come non mi interessassero le loco a vapore o diesel, devo altresì confessare che neanche i moderni ETR mi incuriosiscono più di tanto.
Una passione un pò schizzinosa la mia, in cui c'è poco spazio per l'eleganza della livrea, o la forma con sempre minore fattore di CX legato alle ultra moderne tecnologie dell' alta velocità.
Sono rimasto molto legato a quelle forme che ho ammirato da bambino, poi da ragazzino e che ancora oggi ogni tanto riesco ad intravedere.
Del resto, i restyling per le locomotrici, non hanno (fortunatamente) la stessa frequenza di quelli che siamo abituati a vedere ad esempio con le automobili.
Locomotive elettriche come ad esempio la E.636, solo a titolo di esempio, hanno visto i primi esemplari (sebbene alcune modifiche siano ovviamente state fatte negli anni) già dal 1940 e sono state costruite fino ai primi anni '60 ma sono andate in pensione solo pochi anni fa (2006).
Su Wikipedia ci sono numerose pagine a riguardo, in questa ad esempio c'è tutta la lista dei rotabili (delle ferrovie italiane) con i relativi link alle singole pagine di ciascuna loco.
Questo articolo, non ha nessuna pretesa, purtroppo non sono riuscito a fare di questa passione la mia attività lavorativa, sui treni mi ci sono trovato solo per viaggi di piacere o di lavoro, nulla di più.
Cercherò di fare solo una breve panoramica, dal basso delle mie poche conoscenze a riguardo.
Intro
Ad essere sincero, l'argomento è talmente vasto che non saprei da dove iniziare, ma siccome questo non è un articolo tecnico, ma piuttosto il racconto di una passione che rimane per lo più solo a livello latente, a questo va aggiunto il non trascurabile dato relativo alla scarsezza delle mie competenze in merito (quel poco che so è solo frutto di ricerche personali), sarei quasi portato a desistere ed inserire soltanto alcuni tra le centinaia di link a documenti che si trovano in rete.
Ma ho comunque voglia di scrivere qualcosa, quindi vediamo cosa ne uscirà fuori.
Cenni sul sistema di trasmissione della potenza
Mi limito soltanto ad un accenno relativo ai sistemi attualmente utilizzati sulle reti (di RFI) italiane.
La catenaria e i trolley
Le catenarie elettrificate di RFI sono sostanzialmente esercite in due diverse configurazioni:
- Linee a 3 kV c.c.
- Linee a 25 kV c.a. 50 Hz (monofase) (*)
(*)Sono più recenti delle prime e sono state realizzate per rendere maggiormente efficiente il sistema ad "Alta Velocità" (AV)
Le locomotive più moderne hanno sistemi di trazione elettrica politensione e sono dotate di elementi captatori specifici per ciascuna linea in cui esse si trovino a dovere transitare.
Questo fa si, che la diversificazione dei sistemi di alimentazione, non sia per alcune (molte) macchine un vincolo insormontabile.
Il filo conduttore sospeso tra gli isolatori dei vari tralicci che compongono la catenaria, che è poi collegato al conduttore di linea vero e proprio, è realizzato in rame, esso normalmente ha una sezione utile complessiva compresa tra i 440 e i 460 mm2.
Ovviamente la catenaria è dotata di tutti i sistemi di protezione richiesti, protezioni ridondanti, amperometriche, voltmetriche/spinterometriche nonché di dispositivi di sezionamento e di controllo.
Insomma, ci vorrebbe ben più di un articolo solo per affrontare il discorso "elettrificazione" delle catenarie.
Il conduttore di linea (polo positivo nelle linee DC) che abbiamo ricordato però, sia che la linea sia esercita a 3 kV c.c. o a 25 kV c.a., è solo uno dei due poli attivi che consentono il trasferimento di potenza ai motori e in generale ai sistemi della locomotiva.
Il secondo polo, quello negativo (nel caso delle linee DC) è connesso invece alle rotaie e a terra.
Da quanto detto ne consegue che la locomotiva necessita di due elementi captatori per alimentarsi, questi elementi sono:
Lo strisciante posto sul pantografo (o trolley)
E' costituito da un archetto (montato sul pantografo) in grafite e rame sintetizzato a bassa resistenza d'attrito e resistente agli agenti atmosferici.
I locomotori sono dotati di due pantografi, uguali in tutto e per tutto, normalmente però uno soltato (quello posteriore rispetto alla direzione di marcia) è in presa sulla catenaria; Il secondo è considerato "di riserva".
Dallo strisciante, attraverso cavi con opportuno grado di isolamento, la tensione arriva agli apparati AT del locomotore.
I trolley (pantografi) devono ovviamente essere isolati dalla carrozzeria del vagone.
La trazione del parallalogramma verso la catenaria è gestita con sistema a pistoni pneumatici servocomandati.
Il contatto conduttore/strisciante lungo la marcia del treno però non può sottostare sempre sullo stesso punto, pena la creazione di un solco sullo strisciante.
Per questo motivo, al fine di far lavorare lo strisciante nella maniera più uniforme possibile, il conduttore esegue un percorso a zig-zag da un traliccio di sostegno all' altro più o meno come in mostrato nella figura quì sotto.
N.B. Gli angoli dello zig-zag della figura precedente sono puramente indicativi.
Di seguito un paio di video a riguardo.
Le ruote
Allo stesso modo, attraverso le ruote d'acciaio poste sui vari assiali, viene asservito il compito di stabilire un contatto con le rotaie e quindi con il secondo polo di alimentazione che risulta quindi collegato "a massa".
Linee a 3 kV c.c.
Coprono complessivamente più del 65% della rete ferroviaria italiana. I 3 o in alcuni casi i 3,6 kV c.c. (la tensione nominale è stata negli anni aumentata) vengono ottenuti a partire da sottostazioni elettriche (SSE) che abbassano i 132 kV c.a. ad un valore consono (circa 2,7 kV a.c.) ad essere successivamente raddrizzato da grossi ponti a reazione esafase o dodecafase ed ottenere così i 3,6 kV c.c. finali.
Ovviamente date le elevate correnti in gioco, ogni locomotore può assorbire dalla linea una corrente nell' ordine dei 1,75 - 2 kA, per potenze medie sviluppate a volte superiori ai 4 MW, è facilmente intuibile come il binomio catenaria/strisciante ricopra un ruolo fondamentale nella trasmissione della potenza al treno.
Ne consegue altresì, che le linee in MT a 3 kV c.c. non sono certo l'ideale per le tratte AV (alta velocità), dove oltre ai valori superiori di corrente assorbita dal convoglio, bisogna fare i conti con gli elementi dinamici legati alle alte velocità raggiunte, a volte superiori ai 250 km/h, con prospettive di raggiungere i 300 km/h.
Su queste linee, i treni AV viaggiano spesso con entrambi i pantografi in presa (ma il secondo si trova a lavorare in condizioni decisamente peggiori, poichè la linea è in regime perturbato a causa dall' esercizio del primo pantografo) per evitare "buchi", ma nonostante questo su alcuni tratti il problema maggiore non è tanto quello dei distacchi bensi quello del surriscaldamento e dell' usura dello strisciante che in determinate condizioni, si trova a lavorare a temperature superiori ai 300-400 °C.
In ogni caso, questi sono problemi legati appunto ai treni AV, non alle macchine di cui vedremo più avanti.
Linee a 25 kV c.a. 50 Hz. (monofase)
Sono di più recente realizzazione e sono pensate soprattutto per le tratte dedicate all' Alta Velocità.
Su queste linee, il secondario del trasformatore (50 kV c.a.) è di tipo bifase con presa centrale (collegata ai binari), si ottengono quindi due fasi con tensione di 25 kV c.a rispetto al punto di presa centrale.
In realtà le cose sono un pò più complesse, così come per le linee a 3 kV c.c. va considerato tutto il sistema di collegamento e di isolamento, non chè di bilanciamento, tra i vari tronconi di linea alimentati dalle varie SSE e relativi apparati di trasformazione e connessione alla linea di trazione.
Altri sistemi di elettrificazione
Non tutti i paesi, anche a livello europeo, utilizzano lo stesso standard di elettrificazione delle catenarie.
Altri sistemi di alimentazione sono i seguenti:
- 750 V c.c. [sud Gran Bretagna, col sistema della terza rotaia]
- 1,5 kV c.c. [soprattutto in Francia]
- 3 kV c.c. [Italia, Spagna, Slovenia, Polonia, Rep. Ceca]
- 15 kV c.a.m. 16,7 Hz [Germania, Svizzera, Austria]
- 25 kV c.a.m. 50 Hz [Tutte le nuove tratte AV/AC europee (Alta Velocità/Alta Capacità)]
Le locomotive reostatiche
Si tratta di una specie ormai in via di estinsione, le ultime macchine rimaste con motori a rotore avvolto in c.c. e con avviamento reostatico sono le E.655 e le E.656.
Questi locomotori dispongono di sei assiali con due motori per asse, quindi con ben dodici motori di trazione; il macchinista durante le varie fasi di marcia (partenza da fermo e accelerazione, percorso pianeggiante, salita e discesa) del treno, ha la possibilità di modificare il collegamento serie/parallelo dei motori, secondo le seguenti configurazioni:
1. Collegamento in serie
2. Collegamento in serie-parallelo
3. Collegamento in parallelo
4. Collegamento in super parallelo
Nelle varie configurazioni, gli assorbimenti sui singoli rami, sono limitati da opportuni relè di corrente tarati ai valori descritti nelle varie figure.
La tensione ai capi di ciascun motore vale la tensione di linea divisa per il numero di motori del singolo ramo; ne consegue che nel collegamento "serie" si avrà la minore tensione possibile ai capi dei singoli motori con conseguente basso regime di rotazione degli stessi e minore assorbimento di corrente sulla catenaria (per quanto detto in precedenza).
Il collegamento "serie" viene utlizzato per lo più in fase di partenza da fermo del treno, la commutazione sugli altri collegamenti avviene per aumentare la velocità del convoglio in relazione alle caratteristiche "altimetriche" del percorso e della gravosità della massa totale trainata.
Il perchè del reostato
E' ben noto che l'assorbimento nel motore a corrente continua tende a diminuire con l'aumentare della velocità di rotazione; è facile intuire quindi che al momento dell' applicazione della tensione, a rotore fermo il motore sia quasi assimilabile ad un corto circuito.
Per questo motivo è impensabile un avviamento a piena tensione, anche se con collegamento in serie dei motori.
Per ridurre quello che sarebbe un picco di assorbimento estremamente gravoso, col rischio, o per meglio dire con la certezza di fare intervenire anche gli interruttori extra rapidi di protezione della catenaria, entra in gioco il reostato d' avviamento.
Questo sistema (utilizzato alla partenza, durante il collegamento "serie" dei motori) consiste nell'interporre tra la linea di alimentazione e i motori, delle resistenze a gradini che vengono poi escluse progressivamente (in maniera manuale o automatica a seconda del tipo di loco) man mano che il locomotore acquista velocità.
Ad ogni esclusione (cortocircuitamento) di un gradino del reostato, sul banco strumenti l'ago dell'amperometro mostra una lieve impennata per poi ridiscendere rapidamente conseguentemente al progressivo aumento del regime di rotazione dei motori.
Ad avviamento ultimato, il reostato risulta completamente escluso (cortocircuitato) o come si dice in gergo, "shuntato".
Schema elettrico
In sostanza il reostato assolve al compito di limitare consistentemente la corrente di linea dissipando in calore l'energia superflua e quindi letteralmente "sprecata" da quest'ultimo.
Tutto ciò la dice lunga sul perché, "le reostatiche" siano delle macchine ormai al tramonto.
Sotto il profilo dell'efficienza energetica (e di riflesso economica), queste macchine non erano certo il massimo, ma anche dal punto di vista della conduzione, sebbene fossero macchine relativamente "semplici" creavano non pochi problemi ai macchinisti.
Come detto, su molte loco, la progressiva eslcusione del reostato avveniva manualmente attraverso un maniglione come questo:
Con le "reostatiche" tramonta anche la vecchia e gloriosa figura del macchinista, intendendo colui il quale vedeva come uno "smacco" il dovere fare "richiesta di riserva", ovvero di una locomotiva in aiuto a quella titolare del convoglio in caso di avaria di quest'ultima.
A tal proposito, e a conferma di quanto detto, va ricordato che le E.636 ad esempio, hanno mantenuto per lungo tempo il primato di locomotiva più robusta, con un indice di guasto di appena 6-7 richieste di riserva per milione di km percorsi, contro le oltre 12 delle macchine delle generazioni successive.
Il rombo del reostato
Il chopper e l' inverter, l' elettronica viaggia sui binari
Con l'avvento dell' elettronica di potenza, qualcuno disse che il macchinista si riduceva a semplice conducente e forse c'è del vero in questa affermazione.
Già verso la fine degli anni '80, sebbene i primi esperimenti fossero già stati portati avanti nei decenni precedenti, il motore asincrono trifase era diventato l'erede principale dell' ormai obsoleto motore a corrente continua.
La scelta nel suo complesso ha migliorato sensibilmente il rendimento complessivo, energetico e meccanico, nonchè anche i costi costruttivi delle più moderne locomotive.
In questo modo si è passati dai 12 motori suddivisi su 6 assi delle vecchie locomotive a corrente continua, agli attuali 3 o 4 suddivisi su 4 o più assiali in relazione al tipo di macchina.
Il chopper
Si tratta grossomodo di un interruttore statico a tiristori, in grado di aprire e chiudere un circuito ad intervalli regolari; in questo modo risulta possibile modulare a piacimento la tensione ai morsetti del motore che vi risulta collegato subito a valle.
Il chopper è caratterizzato dagli intervalli T-on (circuito chiuso) e T-off (circuito aperto), la somma dei quali costituisce il periodo di commutazione (T), il suo inverso (1/T) è invece definito come frequenza di lavoro del chopper.
Lavorando sul duty cicle (T-on/T) del chopper è possibile ridurre la tensione e quindi la coppia mantenendo la frequenza costante.
Posizionato a monte dell'inverter, il chopper consente di livellare e mantenere su un valore costante la tensione in ingresso al convertitore indipendentemente dalla tensione di alimentazione della catenaria.
Lo schema a blocchi
L' inverter
Ovvero l' ultimo passo di collegamento tra il sistema di alimentazione in corrente continua (catenaria) e il motore asincrono trifase.
Essendo la velocità di rotazione del motore asincrono trifase rappresentata dalla relazione
dove f è la frequenza e p il numero di coppie polari del motore.
Risulta evidente che per modificare la velocità, o si agisce sul numero di poli, o si modifica la frequenza.
Con l'avvento dell'elettronica di potenza, degli SCR e dei semiconduttori GTO MOSFET ed IGBT, risulta molto più conveniente la seconda ipotesi.
Dall'inverter esce una tensione trifase sfasata di 120° elettrici (non proprio sinusoidale a dire il vero, si tratta più che altro di una forma d'onda quadra) con frequenza e valore variabile entro certi limiti funzionali, secondo le necessità specifiche, ideale per pilotare e gestire l'asincrono in forza a queste nuove locomotive.
Tuttavia, ogni innovazione tecnologica ha il suo dazio da pagare e il sistema sopra descritto ha anche i suoi "contro".
Il principale è legato ad una maggiore fragilità del sistema globlale a regolazione elettronica, non fosse altro per il fatto, che aumentando i componenti di un circuito aumentano le probabilità che qualcosa possa danneggiarsi.
Le locomotive moderne, riferendomi anche ai velocissimi ETR, da diversi anni hanno ormai sistemi automatici di check control dei vari dispositivi, ben più all' avanguardia delle vecchie segnalazioni presenti sulle loco a reostato, sulle quali bisogna dirlo, c'era ancora spazio a seguito di un guasto, per i tentativi di rimessa in servizio ad opera del macchinista.
Oggi, un messaggio di avaria grave sul pannello di controllo, si traduce il più delle volte nella richiesta obbligata di una richiesta di riserva, con buona pace del macchinista-autista che non ha più dove mettere le mani.
Avviamenti "elettronici"
Bibliografia e fonti
- Wikipedia
- You Tube
- La guida di una locomotiva elettrica
- Il mondo dei treni
- Trainzitalia