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Premessa
Avevo intenzione di fare una trattazione più estesa, ma ad una prima rilettura l'articolo sembrava eccessivamente pesante e dispersivo. Inoltre, argomenti riguardo temi quali le sovracorrenti, i contatti diretti e indiretti, la finalità dell'impianto di messa a terra, nonché gli schemi tipici dei circuiti di guasto, sono stati più volte trattati nel forum e nei blog di utenti certamente più competenti del sottoscritto, quindi darò per scontate una serie di informazioni teoriche di base e mi concentrerò nella semplice esplicazione di alcuni concetti.
Il magnetotermico differenziale compatto
Trattasi del componente di protezione maggiormente diffuso negli impianti elettrici domestici, erroneamente conosciuto col nome di "Salvavita" (*); si tratta in realtà di un interruttore combinato che associa alla protezione contro le sovracorrenti (corto circuito e sovraccarico) quella dai guasti a terra (dispersioni) ovvero da quelli che vengono anche chiamati contatti indiretti.
(*) Come molti sapranno, il termine Salvavita ® é il nome commerciale che Bticino adotta da molti anni per i propri dispositivi differenziali, siano essi di tipo puro che di tipo associato ad interruttore magnetotermico.
Per questa ragione, sarebbe il caso di non attribuire al dispositivo in questione, un potere salvifico, che oggettivamente questi non garantisce.
Quando il valore della corrente nominale differenziale dell'interruttore è uguale o inferiore a 30 mA, esso risulta idoeno anche come protezione addizionale contro i contatti diretti (parte del corpo a diretto contatto con un conduttore sotto tensione).
Vediamo come funziona
In molti hanno sicuramente aperto un interruttore come quello che segue, io a dire il vero, prima di oggi non l'avevo mai fatto fidandomi di quanto mi è stato insegnato circa questi dispositivi.
Avevo aperto un interruttore scatolato qualche anno fa, per indagare su un guasto particolare, ma nulla di più.
Quanto segue, è destinato a chi invece, non ha mai avuto la possibilità o la voglia di smembrare in tutti i suoi pezzi un interruttore MTD.
Cercherò di individuare i vari componenti ed illustrarne il funzionamento di massima.
Primo passo, scomporre l'interruttore
A fare da "cavia", sarà questo vecchio DS642.
Per prima cosa, dopo avere forato le spine di collegamento tra i due moduli, disaccoppiamo l'interruttore.
In questo tipo di interruttore (1P+N) la protezione magnetica e termica si trova nel modulo di sinistra (in foto), mentre il dispositivo di rilevamento della corrente differenziale si trova nel modulo a destra.
L'intervento degli sganciatori, viene trasmesso attraverso i due moduli da apposite leve, ingranaggi e molle di rinvio.
Il modulo differenziale
Individuazione dei componenti
Lo schema di principio che contraddistingue qualsiasi interruttore di protezione, prevede in ogni caso:
- Un dispositivo di rilevamento della grandezza elettrica o fisica che si vuole monitorare
- Un sistema di valutazione intrinseco e di taratura specifica, che stabilisca come il dispositivo deve comportarsi in relazione allo stato del sistema e della variabile controllata
- Una logica meccanica associata che intervenga in determinate condizioni nelle modalità previste a seconda del tipo di dispositivo in oggetto
Funzionamento del differenziale
Lo scopo dell'interruttore differenziale è quello di rilevare la presenza di una dispersione di corrente (se questa ovviamente risulti uguale o maggiore del setpoint di taratura del dispositivo di rilevazione), in tal caso esso deve anche procedere all'apertura del circuito.
Per intercettare un'eventuale fuga di corrente (verso terra), viene sfruttato il primo principio di Kirchhoff (correnti nei nodi), il quale afferma che, in un nodo, la somma delle correnti entranti è uguale a quella delle correnti uscenti, per questo motivo il cervello dell'interruttore differenziale è indubbiamente il trasformatore di corrente, sul cui toroide sono relizzati due avvolgimenti primari (uno con le spire di fase e uno con quelle di neutro) e un avvolgimento secondario o differenziale.
In condizioni normali, nei due avvolgimenti primari scorre una corrente uguale e contraria, la cui somma vettoriale risulta nulla.
In ragione di questo fenomeno, il flusso elettromagnetico nel toroide risulta anche esso nullo e sull'avvolgimento secondario non si instaura alcuna forza elettromotrice.
Durante il guasto a terra, una parte della corrente che alimenta il circuito, non ritorna più attraverso il percorso ordinario e quindi non attraversa il toroide, generando su di esso uno squilibrio e quindi un flusso magnetico diverso da zero.
Il flusso magnetico nel toroide genera una f.e.m. ai capi dell'avvolgimento secondario al quale è collegato un attuatore di sgancio magnetico a smagnetizzazione (equiparato volgarmente ad un comune solenodie) che, energizzandosi, mette in movimento un'ancora o un pistoncino che agisce sul circuito di sgancio dell'interruttore.
Se il trasformatore amperometrico è il cervello, l'attuatore con sganciatore magnetico a smagnetizzazione è senza dubbio il cuore del dispositivo differenziale, lo vedremo più avanti in dettaglio
Condizione di equilibrio
Ed ecco l'attuatore (solenoide) di sgancio, nel dettaglio
Gli interruttori differenziali normalmente utilizzati nelle nostre abitazioni, sono detti "a sgancio indipendente", non viene infatti fornita alcuna tensione ausiliaria al dispositivo di sgancio, che si energizza attraverso la sola energia fornita dal guasto.
L'attuatore in questione necessita infatti di una piccolissima energia di attivazione, nell'ordine dei μW.
Tra tutti i componenti del differenziale, esso è sicuramente il più delicato e allo stesso tempo anche il più sofisticato, basta guardarlo da vicino per rendersene conto.
Condizione di squilibrio
Dalle immagini, risulta intuitivo quanto il circuito elettromeccanico di sgancio, di per se semplice ed intuitivo, abbia comunque dei punti critici.
Leverismi, molle, pistoncini, sembra di trovarsi dentro la meccanica di un orologio a lancette e come tutti i circuiti comandati da organi meccanici, questi devono essere tenuti in periodico allenamento, ma va sottolineato come sia fondamentale tenere allenato anche lo sganciatore a smagnetizzazione.
Un interruttore differenziale infatti, può anche dovere intervenire una sola volta nel suo ciclo di vita e sarebbe fallimentare constatarne la mancata efficienza a causa di un blocco o un di un'incertezza del solenoide.
Proprio per questo motivo è essenziale non trascurare di eseguire periodicamente il test previsto.
E' un operazione che dura un attimo, basta premere il pulsantino T, constatare lo sgancio e riattivare il dispositivo, una prova del tutto priva di difficoltà e problematiche varie che può fare la differenza in quell'unica occasione in cui il dispositivo venisse chiamato in causa.
Quanti lo fanno? Pochi, troppo pochi.
Ma vediamo cosa succede premendo il pulsante di test.
Il tasto di prova
Per fare sgranchire periodicamente gli organi meccanici dell'interruttore, ma anche e soprattutto l'attuatore magnetico e il circuito di sgancio in generale, ogni interruttore differenziale è dotato di un tasto di prova (T).
Tale tasto non fa altro che chiudere un contatto che va ad alimentare una resistenza di circa 3,3 kohm (nel nostro differenziale da 30 mA) collegata tra fase e neutro (con fase prelevata a valle del toroide e neutro a monte).
Multimetro alla mano, trovo un valore di 3,26 kohm sul resistore in oggetto.
Applicando la legge di Ohm, ci viene dimostrato il motivo per cui, tale prova, non dia informazioni utili circa la bontà salvifica dell'interruttore, ma ci dà solo prova del corretto funzionamento del circuito di sgancio da cima a fondo, infatti:
Per norma, la corrente di prova non deve essere superiore a
Va ricordato che la prova col pulsante di per se, non da alcuna informazione sul valore di corrente differenziale minima nè sul corretto tempo di intervento del dispositivo.
Una vecchia indagine statistica, si concludeva col risultato che solo il 24% dei dispositivi "difettosi" vengono smascherati attraverso il test periodico, ossia, su 100 differenziali non conformi (per tempo e/o corrente di intervento e/o per bloccaggi), solo 24 fallivano al test del pulsante di sgancio. Il resto interveniva con tempi e correnti superiori a quanto prescritto dalle norme.
Tuttavia è evidente, come un intervento sia pure leggermente ritardato o con una Idn leggermente superiore a quanto richiesto, sia auspicabile rispetto ad un mancato intervento!
Qualche altro particolare
In queste ultime tre foto, ecco qualche altro dettaglio.
Nella prima foto si può vedere che ai capi dei conduttori (provenienti dal toroide) che alimentano l'attuatore di sgancio, c'è qualcosa, un componente, protetto da apposita guaina isolante.
Dopo averlo scartato, vediamo che si tratta di un diodo 1N4007 il cui unico scopo presumo (visto il tipo di collegamento in parallelo) sia quello di ridurre in qualche modo i fenomeni di disturbo tosando le semionde positive.
La terza foto, mostra invece un particolare del nucleo del trasformatore toroidale.
Il modulo magnetotermico
Individuazione dei componenti
Funzionamento del magnetotermico
Il modulo magnetotermico è composto dall'insieme di due sganciatori ben distinti, quello magnetico e quello termico.
Cortocircuito e sovraccarico, sebbene facciano parte delle cosìdette sovracorrenti, sono fenomeni ben diversi.
Il cortocircuito è generalmente identificato come un collegamento ad impedenza trascurabile tra due o più conduttori di linea; la corrente di guasto in questi casi è generalmente molto elevata centinaia o migliaia di ampere, così anche l'energia liberata.
E' evidente come questo tipo di guasto debba essere prontamente interrotto; di ciò si prende carico la protezione magnetica.
Il sovraccarico, al contrario del cortocircuito, interessa normalmente un circuito elettricamente "sano"; un'eccessiva richiesta di corrente infatti, può essere determinata dall'utilizzo di più carichi connessi alla conduttura in esame, ed una richiesta di corrente eccedente la corrente nominale dell'interruttore (che ricordiamo, è preposto alla protezione dei cavi) provoca surriscaldamento per effetto Joule ed intervento della protezione termica.
Ma vediamo nello specifico cosa succede nel modulo magnetotermico nel primo e nel secondo caso.
La protezione magnetica
Nei primi istanti del cortocircuito, le spire avvolte sulla barretta magnetica (blu) vengono interessate da un elevato flusso di corrente che genera un campo magnetico in grado di determinare lo spostamento interno di un cilindretto (percussore) cha agisce a sua volta sui dispositivi meccanici di apertura dei contatti.
Durante l'apertura, i contatti mobili sono interessati da un transitorio elettrodinamico abbastanza "stressante"; per facilitare l'estinzione dell'arco elettrico che si viene a creare in siffatte condizioni, vengono utilizzati degli appositi elementi spegniarco, in questo caso si tratta di una "camera".
La funzione della camera d'arco è quella di creare un percorso di fuga predeterminato e favorevole all'arco appena innescato, con lo scopo di allungarlo fino ad estinguerlo.
La protezione termica
La lamella bimetallica risulta vincolata in maniera tale che un flusso di corrente superiore alla taratura del dispositivo (realizzata attraverso la vite visibile nella seconda figura) per effetto Joule ne deformi il profilo, inarcandolo, rispetto ad una estremità (secondo punto vincolante) meno "reattiva".
Quando la curvatura raggiunge il punto massimo (per la taratura impostata) la lamella ha già attivato il dispositivo di sgancio dell'interruttore.
Il sovraccarico è un fenomeno con maggiore isteresi, rispetto ad un cortocircuito.
Il principio utilizzato daltronde è insito di condizionamenti dovuti all'ambiente esterno (la temperatura in prima istanza); le stesse norme tecniche, stabiliscono dei tempi e dei limiti di sovraccaricabilità entro i quali lo sganciatore termico debba o meno intervenire.
Per questo motivo, va preso atto che un interruttore con In (corrente nominale) pari a 20 A (per fare un esempio), non interverrà entro un'ora per con una corrente di sovraccarico del 13%, ossia 22,6 A, dovrà invece certamente intervenire entro un'ora, con una corrente di sovraccarico del 45%, ovvero 29 A.
Conclusione e riflessione
Rileggere un proprio articolo è sempre un trauma per il sottoscritto, c'è sempre una vocina che suggerisce di rottamare e cestinare tutto perché non all'altezza del portale, poi ricordo che si tratta solo del mio piccolo e personale blog e questo mi riporta con i piedi per terra, consapevole che errori inevitabili, concettuali, di esposizione o di forma possano essere tranquillamente segnalati a beneficio del sottoscritto e di chiunque si soffermasse a leggere.
L'unica cosa che mi infastidisce è il ricorso alla ripetizione di alcuni concetti, ma ho stravolto l'articolo cancellando interi paragrafi e si è persa la scorrevolezza che intendevo concretizzare, pazienza.
Mi raccomando, premete il pulsante T di tanto in tanto.
Un ringraziamento particolare a 6367 che indirettamente mi ha dato degli spunti interessanti riguardo al tema trattato, chissà che non sia egli stesso ad aggiungere qualche commento e qualche info in più sull'attuatore a smagnetizzazione.