Chissà se i nati dal 2000 in poi, erroneamente chiamati millenials da testate giornalistiche italiane (l'ho scoperto poco fa ;-)) sanno come si fotografava nel secolo scorso.
Attualmente tutti fotografano tutto con facilità estrema. Non c'è pranzo o cena in cui non si immortali il piatto servito per spedirlo al gruppo di amici su Whatsapp. Qualcuno anche dice: "Beh, ora che lo abbiamo fotografato, possiamo anche andare!"
Migliaia, milioni, miliardi di foto fanno correre i bit dei tera, peta, exa pixels catturati dai CCD, nell'aria, nelle fibre ottiche, nei cavi del web.
Tutti o quasi, hanno in tasca uno smartphone che oltre a tutto il resto, è la macchina fotografica sempre a portata di mano.
Constatare cos'è successo in poco più di dieci anni, da quando Steve Jobs presentò il primo iPhone, ha dell'incredibile. Sì, l'ho appena letto dopo una ricerca su Google: lo smartphone non è stata un'invenzione di Jobs, ma non si può sottovalutare l'impulso dato alla sua diffusione dal visionario guru di Apple.
Così la fotografia, mediante questo aggeggio, è diventata un'attività universale.
Nei primi anni settanta del secolo scorso, acquistai la macchina fotografica che sognavo. Decisivo fu il contributo di nonna. Ero arrivato ad accumulare cinquantamila lire e lei, che conosceva il mio desiderio, mi chiese: "Quanto ti manca?". Glielo dissi ed allora mi consegnò le ottancinquemila lire mancanti. Finalmente potevo disporre di una Asahi Pentax Spotmatic, che successivamente dotai anche di un grandangolo da 28 mm, ed un piccolo tele da 135 mm. La fotografia mi appassionava e chissà quali foto avrei potuto realizzare! Sogni di gloria e speranze ci sono sempre, poi la realtà si incarica di ridimensionare tutto ;-) )
Ora non ci si pensa molto a scattare una foto: non costa nulla, la si vede subito, la si può tenere o buttare immediatamente, non occupa praticamente spazio fisico e la minuscola schedina di memoria in cui finiscono le foto digitali, ne può contenere un'esagerazione.
A quei tempi invece ogni scatto aveva un costo. In un rullino ci stavano trentasei fotogrammi e per vedere i risultati occorreva sviluppare la pellicola, proiettare il negativo ingrandito sulla carta sensibile (usavo Ilford), svilupparla a sua volta immergendola in una soluzione opportuna (usavo Neutol), fissarla in un'altra soluzione (usavo Acidofix), asciugarla.
Tutto un altro mondo. Altre sensazioni.
Mi procurai un ingranditore DURST con obiettivo Componon, ed in cantina realizzai la camera oscura per sviluppare le foto in bianconero.
Ricordo ancora il fascino della prima foto. Nella debole luce inattinica della camera oscura, un magico vapore sembrava diffondersi nella soluzione della vaschetta dello sviluppo, per addensarsi sulla superficie della carta, immersa dopo l'esposizione sotto l'ingranditore, e generare tutte le tonalità di grigio dell'immagine.
Anche le foto che si ottengono ora con gli smartphone hanno, per me, del portentoso, sia per la definizione raggiunta che ritenevo impossibile, sia per l'immensa capacità delle memorie che le ospita, un invisibile abisso in cui le immagini sono infilate a migliaia e da cui si possono con facilità recuperare. Tutto avviene velocemente, troppo forse per soffermarsi e avvertirne la magia che emana dalla struttura intima della materia.
Le sensazioni perdute generano inevitabilmente nostalgia, e la lenta leggerezza dell'immagine che appare nella camera oscura ne è una conferma. Probabilmente qualcuno cercherà di ricrearla, come è accaduto per i dischi di vinile nel tempo della musica liquida.
Ma la nostalgia c'è sempre per ogni passato lontano del proprio vissuto, perché in esso c'è la nostra giovinezza con i nostri innumerevoli sogni che vorremmo rigenerare.
Indice |
L'asciugatura delle foto
Ritratti
I nonni
Il fumo del sigaro
Lavori all'aperto
Animali
Micio
Platy Nerino
Mamma lebistes
Riccio
Paesaggi
Nella neve
Erba nel vento
Campo di mais
Vecchie case polesane
Filari di salici
Mietitura del grano
Eventi
L'Angelo di Santa Sofia e i Marines
NB: il tentativo di installazione fallì