li, settembre 2008
Sono arrivato in piazza quasi senza sapere.
Così, tanto per fare un giro.
Lo zigo-zago aereo del liscio romagnolo mi ci ha guidato.
C’è gente che gironzola.
Mi avvicino al palco dell’orchestra.
Mi accorgo che la musica è registrata.
Gli artisti, se così si può dire, si dimenano un po’ con gli strumenti in mano. Sorridono e dondolano.
“Bella scoperta”, penso,”anche questa si sono inventati!
Le tastiere elettroniche fanno quasi tutto da sole, ma da qui a far credere di essere artisti...mah, tempi moderni!”
Davanti al palco, sulle piastre metalliche lisce (per questo si chiama liscio il ballo!?), roteano le coppie.
Mi posiziono di fianco al palco, appoggiato alle transenne di plastica arancione.
Ce ne sono molte, di coppie. Di tutte le tipologie. Non saprei elencarle, ma alcune mi colpiscono. Inizialmente un po’ a caso.
L’anziano con la camicia salmone, per esempio; pantaloni beige e capelli mescolati al grigio dell’età. Lo stomaco gli arrotonda la camicia, sporgendo dalla cintura di venti centimetri. Appoggiata alla sfera salmonata, un’affusolata bionda, faccia di vecchia bimba, lunghe gambe troppo dritte che emergono dalla minigonna nera. Roteano insieme; lui serio ed impegnato, cerca di conquistarla (che poi cosa possa fare dopo, non saprei: “ma c’è il Viagra” mi dico); lei, l’approvazione di chi la guarda.
C’è di che ridere, penso per un po’ mentre osservo altre coppie.
Il lungo rigido come un palo; il piccoletto che sbaglia il tempo; l’ex impiegata delle poste, tarchiatella e grigio fulvo: le dita tese, sfiora con il dorso della mano la spalla del cavaliere.
Il piroettare e saltellare asincrono dell’eterogeneo insieme, mi fa pensare per contrasto alle coreografie cui mi ha abituato la TV: ballerine mozzafiato e ballerini agilissimi, padroni del loro corpo, che qui per molti, è invece un impaccio.
Arrivo perfino a provare un po’ pena.
“Patetico”, penso, “esporre così le proprie debolezze”.
Ma è un problema mio, quando il disagio esistenziale prende il sopravvento, per le solite inutili ragioni (ragioni per modo di dire...)
Stasera è così. Sono uscito apposta per infastidire i miei stupidi pensieri camminando. Per questo, con un po’ di inspiegabile sadismo, immagino come la mia anche le vite degli illusi roteanti, che cercano in una piroetta sbagliata od in un abbraccio ambiguo, una speranza inutilmente nuova.
Al culmine di questa sensazione di compatimento per le miserie esistenziali mie ed altrui, vedo il vecchio mugnaio.
Con la sua elegante signora, è impegnato in giravolte controllate al centro della pista.
Avverto d’improvviso il suo piacere rapito.
Nei vortici disegnati nell’aria, sembra materializzarsi il frutto di una felicità crescente, un filo che si avvolge ancora sul rocchetto degli anni. Un filo guidato ora dai giri di valzer. Non è la loro abilità a colpirmi. Ma la non importanza del modesto roteare, mi proietta oltre il nero dei naufragi esistenziali. Nella rotazione c’è la felicità di nonni immersi in una tiepida sera di settembre, breve ed eterna.
Così lo zigo-zago mi si trasforma in atmosfera estatica.
Gli orchestrali ora stanno addirittura suonando. Cantano. Il maestro di sax fa un assolo.
Li guardo dentro le camicie cinabro.
Insomma è avvenuta in me una trasformazione. Improvvisa. Impensabile dieci minuti fa. Gradita però.
Chissà se è solo dentro di me o se anche ciò che è fuori di me si è trasformato.
Stranamente nella pista non vedo più solo coppie che sussultano sfasate per dimenticare la tristezza: no, ballano perché non sono tristi.
Guardo bene ora la coppia che non si è ancora fermata. Lui non molto sciolto, vero, ma corretto; lei, rossa, jeans bassa cintura, canottiera grigia che fa da contrappunto a movimenti flessuosi, scoprendo l’ombelico di un corpo che la danza fa apparire quasi perfetto.
Ed ecco un’altra signora. Se la si guarda ferma non si resta colpiti da una bellezza che non c’è. Nemmeno nel corpo c’è la bellezza della rossa. Ma ce n’è una che, prima piano poi quasi con prepotenza, esce dai movimenti di gambe robuste su tacchi a spillo, ritmiche e maliziose quando l’agile piroetta ne solleva la gonna nera dal bordo frastagliato. La bellezza che i lineamenti statici nascondono, appare nel sorriso e negli occhi, consapevoli di ciò che il corpo sa sprigionare.
Una sensazione positiva crescente cui non sono abituato mi sta cancellando i soliti, inutili e stupidi pensieri..
L’orchestra inanella motivi noti; la cantante solista supera i centotrenta chili ed i musicisti sembrano persone qualsiasi. Sulla pista c’è ancora chi non sa ballare.
Ma se prima tutto ciò mi faceva sorridere o ridere, ora mi accorgo che non importa.
Mi basta vedere due bimbe che si gettano nella mischia: non seguono il ritmo, ma hanno colto la gioia del movimento indotto nel corpo dalla musica.
Mazurche, polche, tanghi, arie spagnole e messicane, mambi e cha cha cha.
Capelli rossi imperversa insieme a gonna nera amalgamando musica e sorrisi.
E’ un’atmosfera che trascina nel fluire della vita senza pensare ad alcun perché.
Basta esserci.
Poi,
la musica finisce.
Tornerò sicuramente come prima, come sono, preda di insoddisfazioni e tormenti astratti.
Forse maggiori dopo aver scoperto ed aver sempre saputo che possono non esistere.
Forse l’onda piacevole non svanirà subito.
Forse resterà almeno per un po’, penso.
Lo spero mentre, avvicinandomi a casa, l’atmosfera gioiosa sta rarefacendosi.
Libro
il racconto è inserito anche in questo libro cartaceo